Quando Bud mise ko al cinema Nino Benvenuti

Con Terence Hill si impose sulla nascente coppia formata da Giuliano Gemma e dal pugile triestino. E il successo fu enorme
Di Paolo Lughi

Il primo importante ko cinematografico di Bud Spencer (di cui oggi viene allestita in Campidoglio la camera ardente) fu affibbiato al campione triestino di pugilato Nino Benvenuti. Un ko indiretto e simbolico, non certo avvenuto su un ring o su un set, ma che cambiò il corso del western all’italiana. Questo genere rivoluzionario, esploso come fenomeno mondiale nel 1964 con “Per un pugno di dollari” e ora rilanciato da Tarantino, aveva sempre avuto in sé i germi della comicità. Tracce di macabra ironia si trovavano anche nel primo Clint Eastwood, ma erano in particolare i film di Duccio Tessari con Giuliano Gemma, a partire da “Una pistola per Ringo” (1965), quelli che esibivano una maggiore vena parodistica.

Proprio Tessari tentò qualche anno dopo di allontanare sempre più lo spaghetti-western dal modello americano, orientandolo decisamente verso la farsa. Pensò così di chiamare accanto a Gemma il campione mondiale in carica dei pesi medi Benvenuti per creare un’allegra coppia di abili scazzottatori. Ma l’esperimento, intitolato “Vivi o preferibilmente morti” (1969), per quanto atteso non ebbe il successo sperato. Proprio perché nel frattempo stava imponendosi nello stesso genere un’altra coppia comica, questa sì davvero riuscita, formata da Mario Girotti (Terence Hill) e appunto Carlo Pedersoli (Spencer), anch’egli campione sportivo. Arrivarono così titoli subito popolari di Giuseppe Colizzi come “Dio perdona… Io no!” e “I quattro dell’Ave Maria” (1968), fino ai campioni assoluti d’incasso “lo chiamavano Trinità” (1970) e l’immediato sequel “Continuavano a chiamarlo Trinità” (1971, record di sei miliardi al botteghino). Erano nati i “western tutto schiaffi” o “fagioli western”, ripetitivi ma irresistibili, divertenti in Italia e pure in Germania.

Come il nostro Benvenuti, anche Pedersoli-Spencer (napoletano, classe 1929) era uno sportivo di primo piano, anche se non proprio campione mondiale. Il gigante buono del western all’italiana aveva partecipato come nuotatore a ben due Olimpiadi, Helsinki (1952) e Melbourne (1956), andando sotto il minuto nei cento metri stile libero per primo in Italia. Ma lo smisurato Bud era un atleta versatile, come ci rammenta un triestino che lo conosceva bene, il coetaneo Aldo Leggeri (già direttore della clinica chirurgica dell’Università di Trieste), che aveva condiviso con Spencer campionati di rugby nel Cus Roma nell’immediato dopoguerra, e che lo ricorda anche ottimo pallavolista e poi campione di nuoto che caracollava elegante e dinoccolato ai bordi delle piscine, ammiratissimo dal pubblico femminile. «Una persona affabile, sincera, leale – sottolinea Leggeri – E un vero gentiluomo!». Proprio l’affabilità, l’eleganza e la leggerezza anche sul set, paradossali per un uomo di quella stazza, insieme alla versatilità (laureato in legge, fu anche paroliere per Domenico Modugno), fecero la popolarità enorme di Bud Spencer, che nei decenni successivi continuò ad avere successo (ad esempio nei film diretti da Steno sulle avventure del poliziotto Piedone) anche quando recitò senza Hill, pur non litigando mai, come invece avviene di solito alle coppie dello spettacolo. Quelli di Bud Spencer erano cazzotti che non esprimevano mai violenza, ma grande e sereno buonumore, come nelle vecchie comiche del muto.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo