Quando Lussino si trasformò nell’isola acchiappaturisti

TRIESTE Doveva raccontare della nascita e dello sviluppo del turismo a Lussino. Invece il libro realizzato da Rita Cramer Giovannini e Franco Neretich per la Lint editrice (presentazione a Trieste venerdì, alle 18, nel Museo di via Torino; introduce Piero Delbello) va ben oltre e disegna quasi a sua insaputa un quadro completo della vita sociale ed economica dell’isola dalmata nel periodo che va dalla fine dell'Ottocento allo scoppio del secondo conflitto mondiale. Sono trecento pagine zeppe di notizie, dettagli, retroscena delle vite e delle fortune della famiglie che hanno reso famosa Lussino, proiettando l’isola e i suoi abitanti sulla scena mondiale della marineria a vela e poi a vapore.
«Lussino cattura con la bellezza, ma lega non la sua storia», scrive Rita Cramer nelle prime pagine del volume di grandi dimensioni in cui fornisce le "chiavi" di lettura del suo lavoro citando guide turistiche, riviste e libri del tempo che fu; queste pagine antiche hanno costituito l’ossatura della sua ricerca, integrandosi con la memoria e i ricordi di molte persone che hanno vissuto sull’isola.
Una sintesi del contenuto non solo “turistico” del libro compare nella prefazione redatta da Tinzetta Martinoli in cui tra l’altro si legge: «Qui, a Lussino, sorsero una decina di piccoli e grandi squeri per la costruzione di barche, per il trasporto a Venezia di legname da ardere, più tardi anche di legname pregiato per la costruzione di bastimenti. E venne per Lussino l’era gloriosa dei velieri per il traffico marittimo in tutto il mondo, costruiti con successo, perizia e non pochi sacrifici: a una maggiore agiatezza corrispondeva anche il costante rischio di perdere nei naufragi carico, familiari e bastimento».

Per ritornare all’avvio dell’attività alberghiera, i due autori citano l’aria e il clima dell’isola, determinante per far decollare Lussino come stazione di cura invernale per le malattie polmonari e per le successive convalescenze. Altrettanto importanti furono i “consigli” e le “prescrizioni” dei medici di fine Ottocento.
Centinaia e centinaia sono le immagini che impreziosiscono quasi ogni pagina del libro "Turismo a Lussino, i primi cinquant’anni". Cartoline, fotografie, documenti, inserzioni pubblicitarie uscite da vecchi album appartenenti a famiglie originarie di Lussino e a collezionisti. Una buona parte è stata restaurata digitalmente e costituisce ora un “database” da cui in futuro sarà difficile prescindere per ricostruire a livello iconografico la vita dell’isola.
Dunque. Nel gennaio 1885 il dottor Conrad Clar, docente all’Università di Graz, scelse l’isola di Lussino per un periodo di convalescenza del figlio appena guarito da scarlattina e difterite e non riusciva a ristabilirsi. L’esperienza lussignana fu entusiasmante e il medico ne parlò parecchio, al rientro a Graz.
Poco dopo su un quotidiano della capitale imperiale, il “Wiener Zeitung”, comparve un articolo non firmato che ribadiva e diffondeva la felice scelta di Conrad Clar, seguiti nel 1887 da tre altri articoli. Non si sa se questi testi rientravano in una precisa strategia “promozionale”, sta di fatto che il 7 ottobre 1892 Lussingrande e Lussinpiccolo vennero dichiarate per legge “stazioni di cura” e divennero meta della buona società asburgica.

«La Commissione di cura - scrive Rita Cramer - aveva sede a Lussipiccolo e ne facevano parte 13 persone: i podestà dei due Comuni, il medico distrettuale e quelli comunali: c’erano inoltre quattro cittadini di Lussinpiccolo, due di Lussingrande e due rappresentanti degli ospiti “paganti” la tassa di cura». Compito di questo organismo - dove nessuno percepiva un centesimo di indennità o di rimborso spese - era quello di amministrare i fondi per le iniziative pubbliche, di scegliere i dipendenti da assumere, di regolamentare le tariffe, di promuovere le due località realizzando giardini, stabilimenti di cura e passeggiate nelle pinete.
Sorsero hotel - il primo fu il “Vindobona”- seguito dalla pensione “Arciduchessa Renata” che prese il nome della seconda figlia di Carlo Stefano e Maria Teresa d'Asburgo. Offrirono stanze e sale da pranzo, da musica e relax, la Pensione Miramar, la Villa Mignon, Villa Punta, Villa Ada e numerose altre minuziosamente censite e descritte nel volume.
«Man mano che sorsero le nuove costruzioni nella baia di Cigale, gli ospiti stranieri di Lussinpiccolo cominciarono a spostarsi lungo le rive soleggiate e al riparo dalla bora di questa località. Anche gli albergatori i cui esercizi erano situati nel capoluogo cedettero le loro attività per investire nei nuovi alberghi di Cigale. A Lussingrande si verificò un altro fenomeno. Molte ville che erano state costruite come residenze di vacanza di celebri personaggi della nobiltà, col passare degli anni vennero trasformate dai proprietari in strutture turistiche».
L’impatto sulla popolazione locale fu più che positivo. Gli abitanti dell’isola a contatto con i turisti provenienti per lo più dalle grandi città dell’Impero, conobbero altre realtà e altre usanze, alle quali si adeguarono molto rapidamente. Sorsero così empori, caffè ristoranti, sale di ritrovo, atelier fotografici, sartorie. Poi arrivò la Grande guerra e il numero degli ospiti s’azzerò.
Lo spartiacque è rappresentato dalla tragedia del piroscafo “Baron Gautsch” che collegava l’isola a Trieste a Cattaro. Il 13 agosto 1914 la nave finì al largo di Rovigno su una mina e più di 130 passeggeri, in buona parte villeggianti che stavano lasciando Lussino, persero la vita.
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