Quanto sei fascista? Michela Murgia propone un quiz per misurarlo

E Madeleine Albright traccia una galleria di autocrati incluso Trump, che usa il “manganello” dei social

TRIESTE Se ne sta nascosto dentro ognuno noi. È l’uomo nero, il fascista eterno di cui parlava Umberto Eco, pronto a saltar fuori quando il pendolo della storia si sposta verso il desiderio di autoritarismo. In nome della paura sale la voglia dell’uomo forte e si può pensare di fare a meno della libertà. In questi frangenti nessuno può sentirsi al riparo dal lupo mannaro che alberga anche all’interno del più sincero democratico, che può essere attratto, ne è convinta Michela Murgia, da tentazioni fasciste. Non solo il fascismo non muore, afferma la scrittrice sarda in ‘Istruzioni per diventare fascisti’ (Einaudi, 93 pagg., 12 euro), ma vive dentro ciascuno di noi. Per questo, come fosse un gioco serissimo e inquietante la scrittrice sarda ha aggiunto al suo libro un ‘fascistometro’, un questionario di sessantacinque frasi per scoprire quanto si è fascisti. ‘La lobby gay sta esagerando con le pretese’, ‘le quote rosa sono offensive per le donne’, oppure ‘sarebbe meglio aiutarli a casa loro’. Siete d'accordo? Le ritenete di buon senso? Fate una spunta e alla fine andatevi a leggere il profilo corrispondente ai punti totalizzati. Aspirante? Proto-fascista? Patriota? Tutti, dice la Murgia, possiamo averle pensate in qualche momento tra quelli tra i più superficiali o duri che abbiamo vissuto.

Murgia non ha scritto un libro per denunciare quali sono i fascisti oggi (“per me è evidente, chi mette i muri, chi nega il diritto alla migrazione, chi mette gli uni contro gli altri”), quanto piuttosto per indagare quanto fascismo c’è in quelli che si credono antifascisti. Un avviso, una spia, perché la marea nera può salire oltre i livelli di guardia e sommergere tutto.

È già successo e può succedere di nuovo è l’avvertimento che lancia Madeleine Albright, segretario di stato Usa dal 1997 al 2001, che per i tempi attuali parla apertamente di ‘Fascismo’ (Chiarelettere, 309 pagg., 19 euro).

Albright, che si è rifugiata in America nel 1948 dopo che da bambina aveva conosciuto a Praga i due totalitarismi del Novecento, il fascismo prima e il comunismo poi, fa una carrellata dei loro interpreti, Mussolini, Hitler e Stalin e si concentra sugli epigoni. Con la fine del Muro sembrava aprirsi un'epoca di pace. Cos’è successo in questi anni che hanno visto crescere il consenso attorno ai leader che si fanno interpreti di una visione antidemocratica della società, come Orban, Putin, Erdogan, Kim?

Ma il fantasma che si agita tra le pagine di Albright è ovviamente The Donald, il primo presidente americano che fin da quando ha messo piede nello Studio Ovale ha ostentato disprezzo per le istituzioni democratiche. Gli altri autocrati lo osservano, si confortano, capiscono che possono parlare una lingua comune. Messaggi brevi, facilmente memorizzabili, basta dibattiti parlamentari o spiegazioni pubbliche. Non semplificare, che è complicato, ma banalizzare. Se perquisite il nuovo fascista non troverete il manganello e l’olio di ricino. Adotta altre strategie, twitta, è sempre sui social. E se una volta i dissidenti il fascismo li mandava al confino, adesso li fa parlare tutti assieme, perché mettere tutti sullo stesso piano significa togliere autorevolezza ai pareri. A tutti tranne che al suo, quello del capo.


 

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