Quel fico che viene da Cipro testimone di un amore diviso
Ada è un'adolescente che vive a Londra con suo padre Kostas. Pur essendogli molto legata, la giovane mal tollera il fatto che il genitore sia diverso dagli altri papà: botanico ed ecologo, autore di molti libri specialistici e monografie dedicati alle piante epatiche e ai muschi, veste sempre col giaccone impermeabile, i calzoni di fustagno e gli scarponi robusti, mentre gli altri che lavorano in uffici e pubbliche amministrazioni indossano completi scuri e lucide scarpe nere. L’unico vero interesse di Kostas sembrano essere i fiori, le foglie e le bussole e l’uomo ha tutta l’aria di preferire la compagnia dei vegetali a quella degli esseri umani. La ragione è forse nel fatto che la moglie, la mamma di Ada, è morta prematuramente e questo ha contribuito a isolare l’uomo. Ma c’è anche dell’altro, qualcosa che risiede nelle origini della famiglia e che la ragazza si porta dietro fin dal nome che le è stato dato. Ada, infatti, significa isola ma non è un riferimento alla Gran Bretagna bensì a Cipro, il posto da cui arrivano i suoi genitori e dove lei è stata concepita. A complicare ulteriormente l’albero genealogico c’è il fatto che il padre è greco e cristiano mentre la madre era turca e musulmana. Ci sono tutti gli ingredienti per mettere in agitazione la ragazza che si sente inglese ma che comincia a sentire, suo malgrado, un istintivo richiamo ancestrale.
l nuovo romanzo di Elif Shafak s’intitola “L’isola degli alberi scomparsi” (Rizzoli, pp. 366, euro 19) ed è tradotto da Daniele A. Gewurz e Isabella Zani. La grande autrice turca nata a Strasburgo, che scrive anche in inglese ed è la più venduta in Turchia, affronta questa volta il tema degli immigrati di seconda generazione e del loro spaesamento nel momento in cui si trovano a confrontarsi con le radici del paese d’origine dei loro genitori al quale non sempre si sentono di appartenere. Nella vicenda di Ada, poi, c’è un problema in più: lei rappresenta le due anime, contraddittorie e nemiche, della splendida Cipro, divisa tra due popoli che la Storia ha reso nemici. Negli anni Settanta, quando sboccia l’amore, i suoi genitori sono due adolescenti costretti a vedersi di nascosto perché le loro famiglie ostacolano quella unione: devono incontrarsi in una taverna di Nicosia, un locale molto frequentato, con le travi piene di ghirlande d'aglio e di peperoncini e dove svetta un albero di fico, testimone della loro storia.
Quell'albero, con le fronde che escono da un buco nel tetto, rimane al suo posto anche quando l'eterno conflitto dell'isola, spaccata in due da una linea verde, si fa più sanguinoso e i due giovani non possono più frequentare il locale. E ora quel fico, nato da una talea, cresce a Londra nel giardino del padre di Ada. Elif Shafak, con una trovata inaspettata, fa parlare proprio l'albero: la pianta, a cui Kostas è legatissimo, custodisce segreti che la ragazza ha bisogno di scoprire per capire finalmente davvero la sua famiglia. “Sono incompatibili, il tempo umano e il tempo vegetale”, dice il fico, e ricorda come nei momenti più terribili della storia dell'uomo le piante fanno sempre le stesse cose: guardano, aspettano, ricordano. Nelle parole dell'albero ecco riecheggiare la voce del vescovo mescolata a quella dell'imam fino a quando la zia di Ada, sorella di sua mamma, arriva in visita dopo tanti anni. Sarà un momento di svelamenti in cui la protagonista rinfaccerà agli adulti quel loro vivere ancorati al passato, a una terra lontana, ai morti, ma infine il suo desiderio di conoscere se stessa per capirsi meglio verrà accontentato. I profumi di fiori, erbe e olive nere si fanno strada tra i racconti di esili, distruzione e sofferenza con le mille invenzioni narrative dell'autrice, le sue ricercate parole e le toccanti figure descritte. —
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