«Racconto il nazismo in terra di Lapponia perché l’incubo può sempre tornare»

Questo libro è il racconto di una donna che incontra il male. E ne rimane affascinata, quasi annientata. Il male vero, storico, il nazismo, Himmler e Hitler; e il male privato, un amore che diventa tossico, un uomo che la picchia e la violenta, senza pietà, fino quasi a distruggerla. È “La moglie del colonnello” di Rosa Liksom (Iperborea, pagg. 324, euro 16,50, traduzione di Delfina Sessa). Ed è la storia romanzata di una vita vera, quella di Anniki Kariniemi. Ma, soprattutto, è un libro su una terra magica, la Lapponia. Terra di renne e stagni remoti, di ghiacci e di gratitudine per la magnificenza del Nord, di fiori dal nome mai sentito (sono i cameneri, viola e rosa, che crescono selvaggi soprattutto in zone ghiaiose, accanto all’acqua). «Amo le paludi, uniche d’autunno con i loro colori brillanti. E i boschi d’inverno, bianchi di neve».
Lei però, Rosa, non vive più in Lapponia…
«Abito a Helsinki - risponde la scrittrice - in centro, molto vicino al mare. Ma in Lapponia ho una piccola casa, nel villaggio dove sono nata, a Ylitornio, dove torno spesso. Ed è in un paese accanto al mio che vissero Anniki Kariniemi e il marito, il colonnello legato ai nazisti: per quello conosco la loro storia».
Scrivere di nazismo. Perché?
«Proprio perché il nazismo torna, non ci lascia, anzi continua ad attrarre proseliti in Europa, e persino in Germania. Prima ho studiato, per anni, l’argomento, poi ho scelto i personaggi attraverso cui raccontarlo: il Colonnello e sua moglie. Non dimentichiamo che durante la seconda guerra mondiale in Finlandia c’erano oltre duecentomila militari tedeschi, e il Colonnello fu il punto di contatto tra i nazisti e i finlandesi. Una - chiamiamola così - amicizia che finì, sanguinosamente, nel 1944».
Il suo è dunque un libro anche politico. Così come politico è il suo “nom de plume”: non più Anni Ylävaara.
«Ho scelto, a 21 anni, di cambiare nome in onore di Rosa Luxembourg: una vera combattente, donna forte e coraggiosa».
La rivoluzionaria socialista tedesca, assassinata nel 1919. Donne del Novecento… Ma anche la moglie del Colonnello alla fine riesce a sciogliersi dal suo amore avvelenato, e ricominciare un’altra vita.
«Cito dal libro: “Lì, nei recessi di una palude quasi senz’alberi che si spandeva all’infinito, sui letti rossi di palsa, sulle macchie d’acqua delle torbiere, tra insidiosi acquitrini di un verde acceso, diventai pian piano me stessa. Il mugghio degli alti pini mi calmò, il crepitio del gelo artico mi rinvigorì e lo sciabordio delle acque frizzanti dei ruscelli mi restituì la fede nella potenza della vita”».
A libro chiuso, cosa spera che rimanga ai lettori?
«Un pensiero: che la vita è incredibile, ed è incredibile che continuiamo a ripetere lo stesso esperimento nella speranza di ottenere un risultato diverso. Inutilmente».
Non ci sono solo renne e stagni ghiacciati nelle sue pagine, ma anche molti dettagli di guardaroba. Perché?
«Mi piace la moda: non le tendenze, solo la moda. E nel mio atelier – dipingo – ho un notevole archivio di abiti vintage. Il mio marchio preferito? Il finlandese Marimekko».
Fiori stilizzati, righe e pois. Anche qui dietro c’è una donna forte, anzi due: Armi Ratia, che fondò Marimekko negli anni Cinquanta, e dichiarò che non avrebbe mai usato un motivo floreale nelle sue collezioni; la designer Maija Isola che le “disobbedì” e creò i larghi, sorridenti papaveri rossi e fucsia di Unikko, il motivo flower power che Marimekko lanciò nel 1964 e che conquista ancora tutti, su abiti, borse, wallpaper.
Perché ci sono anche rivoluzioni gentili. —
(Ha collaborato Delfina Sessa)
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