Rhapsody of Fire, un album nella leggenda

Undicesimo lavoro per il gruppo metal di Alex Staropoli: «La separazione da Luca Turilli ha dato più respiro a entrambi»
Di Elisa Russo

TRIESTE. "Into the Legend" (Afm Records) è il nuovo album, undicesimo della carriera, per la band di metal sinfonico (inventori del genere "film score metal") Rhapsody of Fire. Dal 2011 i due musicisti triestini che fondarono i Rhapsody nei primi anni ’90 hanno preso, di comune accordo e in armonia, due strade separate: da una parte ci sono i Luca Turilli's Rhapsody e dall'altra parte Alex Staropoli continua con il marchio Rhapsody of Fire. Nella band che affianca lo storico tastierista Staropoli ci sono attualmente anche altri due triestini: gli ex Sinestesia Roberto De Micheli alle chitarre e Alessandro Sala al basso (completano la formazione Fabio Lione alla voce e Alex Holzwarth alla batteria). "Into the Legend" è stato realizzato in gran parte a Trieste, agli Echoes Studios di Alberto Bravin; a livello compositivo Alex Staropoli si è avvalso anche, come già in passato, della collaborazione di suo fratello Manuel.

Staropoli, partiamo dalla separazione con Turilli.

«Non è stata una decisione presa da un giorno all'altro, era pensata da tempo e volutamente rinviata per continuare a lavorare agli album, era nell'aria da un po' ma non in maniera insistente. È avvenuta poi con la conclusione della saga e dell'ultimo album contrattuale con la Nuclear Blast, quindi era il momento più idoneo per noi».

Cosa è cambiato dopo la fuoriuscita di Turilli?

«Senza nulla togliere al lavoro fatto in passato da me e Luca, quasi due fratelli insieme dall'adolescenza in poi, questo nuovo corso rappresenta un po' più di respiro per entrambi. Abbiamo la responsabilità unica sulle nostre band, su ciò che vogliamo fare ed il modo più facile per capire la direzione che volevamo prendere è ascoltare i rispettivi ultimi album. Diversi in termini di produzione, approccio musicale, composizione, suono, uso del mix. Non è che non andassimo d'accordo ma questa è la libertà che volevamo».

E a livello compositivo?

«Per "Dark Wings of Steel" del 2013 ho lavorato molto con mio fratello Manuel, per l'album nuovo mi sono avvalso anche di Roberto per molte parti di chitarra e mi è stato molto utile perché io non sono un chitarrista, faccio tutto meno che parti di chitarra. Ho lavorato sia con Manuel che con Roby e il risultato si sente».

Come nasce "Into the Legend"?

«Il disco precedente mi ha dato lo stimolo per fare qualcosa di più orchestrale, allora sono partito da una lista di strumentisti e ospiti che volevo nell'album nuovo. È stato stimolante dal punto di vista compositivo sapere di poter contare su quei nomi e quegli strumenti. È un album veramente ricco. Inizialmente non doveva durare così tanto, ma poi ho lavorato su una suite di quasi 17 minuti. Tante cose sono successe naturalmente, avevamo tantissime idee, e anche in fase di mix ho chiamato strumentisti per fare delle parti. È stato un lavoro lungo ma non faticoso. Il lavoro creativo è stato notevole. Ne sono molto soddisfatto».

Il disco è stato realizzato a Trieste.

«Per il precedente avevamo realizzato delle parti in Germania. Per "Into The Legend" invece ho deciso di spostare tutto a Trieste. Eccetto l'orchestra, registrata in Macedonia. Per il resto è stato fatto tutto nello studio di Alberto Bravin e ho potuto curare i dettagli, essere presente ogni giorno. Lui è entrato nel nostro circuito come tecnico del suono live. È stato in tour con noi ed è stato positivo registrare con lui, ci ha dato un approccio un po' più live anche in studio».

Oggi dove vive?

«Ho vissuto 40 anni a Trieste, ora ci torno solo per la famiglia o per le produzioni, ci passo una decina di volte l'anno. Ora sono in Spagna ma mi sposto molto. Non mi manca, avevo bisogno di vedere altri posti. Preferisco stare dove fa più caldo».

I concerti?

«Abbiamo le basi che usiamo per l'orchestra vera, il coro, le narrazioni, cose che portare dal vivo è improponibile a livello di costi. Ma quello che senti è una band che davvero suona. Partiamo da un festival che si fa su una nave e salpa da Miami, il 70000 Tons of Metal, 5 giorni di crociera in cui ogni band suona due volte, da lì Messico City, Asia e in aprile tour europeo».

Nel 2014 per la prima volta avete suonato in città.

«Trieste è un posto in cui suoneremmo ogni anno. È una città meravigliosa. Avevamo suonato in Piazza Verdi. Poi abbiamo aperto per gli Scorpions al PalaRubini, nel mio rione, a cinque minuti da casa: è stata un'emozione particolare! Con questa line up che spero sia duratura, siamo solidi, ci divertiamo, siamo pronti a suonare sempre e ovunque».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo