Salvatores e il viaggio nella paternità «Racconto un amore diverso»

TRIESTE
«Non è un film sull’autismo, anche perché non c’è un solo modo di essere autistici, ma racconta come sia possibile amare anche chi è molto diverso da noi». Così Gabriele Salvatores descrive “Se ti abbraccio non aver paura”, il nuovo film che sta girando tra Trieste e la Croazia, dopo aver già ambientato in città “Il ragazzo invisibile” e il suo sequel.
La storia segue il viaggio on the road, dal capoluogo giuliano verso l’Est, del cantante Willi, interpretato da Claudio Santamaria, insieme a Vincent, il figlio 16enne autistico (l’esordiente Giulio Pranno). Le riprese nel capoluogo giuliano sono terminate ieri dopo quasi un mese, mentre da domani la troupe si trasferirà sull’isola di Pago, in Croazia. Il film è ispirato all’omonimo romanzo di Fulvio Ervas, ma con molti cambiamenti, a partire dal personaggio del padre: «Willi va in giro a cantare le canzoni di Domenico Modugno per feste e matrimoni, è considerato un Modugno della Dalmazia, ma la sua carriera non è mai decollata», anticipa Santamaria, che lavora per la prima volta con Salvatores. «Willi non ha mai visto suo figlio, non sa che è autistico e decide di andarlo a trovare per la prima volta dopo 16 anni, quando capita a cantare a Trieste».
La madre del ragazzo, interpretata da Valeria Golino, e il padre adottivo, Diego Abatantuono, hanno una casa in Costiera. Willi, invece, è senza radici: «Ho immaginato che il mio personaggio fosse stato abbandonato a sua volta. Improvvisamente si ritrova a pensare a questo figlio mai visto: ci sono dei momenti nella vita in cui uno si sente vecchio e vuole recuperare cose che non ha mai fatto. Ho pensato che Vincent si trovasse bene con questo padre perché, in fondo, è uno di strada, che affronta situazioni estreme: un ragazzo autistico per lui è il problema minore, devono solo trovare un linguaggio comune».
Santamaria nella vita è anche musicista, e nel film canta veramente: l’idea di riferirsi a Modugno è stata sua. Vincent, invece, «è un po’ come i “fool” di Shakespeare, che si permettono di dire cose che le persone normali non possono dire», afferma Salvatores. «Si trascina dietro tre adulti che hanno bisogno di fare i conti con la propria vita». Per interpretarlo ha scelto il ventenne Giulio Pranno, che viene dal teatro e ha scoperto il casting per il film su Facebook. Per prepararsi alla parte, ha trascorso alcuni giorni in una cooperativa per ragazzi autistici e ha incontrato di persona Andrea, il vero protagonista del romanzo dal quale il film è liberamente tratto.
La sceneggiatura, scritta da Salvatores con Umberto Contarello e Sara Mosetti, inizialmente era ambientata sul confine tra Stati Uniti e Messico, «ma l’idea non mi convinceva», rivela il regista. «La prima persona che ho chiamato quando sono entrato in crisi è stato Federico Poillucci, il presidente della Friuli Venezia Giulia Film Commission. La storia aveva bisogno di un confine e l’unico possibile, se volevamo ambientarlo in Italia, era quello a Est. Così abbiamo deciso di partire da Trieste, una scelta importante: se vuoi fare sinceramente un certo tipo di film devi stare legato all’Italia, alla tua terra, pur non rinunciando all’ambizione internazionale. E poi come si fa a girare un altro film nel deserto americano, al confine col Messico, che non risulti già visto? L’unico che poteva assomigliargli era “Paris, Texas” di Wim Wenders, ma l’ha già fatto lui».
Salvatores, insomma, ritrova lo spirito dei suoi film di viaggio, anche richiamando Valeria Golino, Diego Abatantuono e il musicista Mauro Pagani. E torna anche a raccontare la paternità, tema forte anche in “Come Dio comanda” e i due film di “Il ragazzo invisibile”, tutti girati in Friuli Venezia Giulia: «È un periodo in cui mancano i riferimenti, quindi il rapporto padre e figli è importante anche metaforicamente. Forse oggi mancano un po’ i padri, non solo quelli della Costituzione ma anche le figure paterne chi si prendono la responsabilità di crescere un ragazzo o di far crescere una nazione, un popolo». Rispetto ai fantasy del “Ragazzo invisibile”, qui ci sarà una Trieste diversa, «meno astratta. Non c’è la quotidianità della vita di città perché i personaggi sono molto eccentrici. Ma Willy, per esempio, arriva a Trieste dichiaratamente per una data all’Ausonia. Tutto parte da qui, ma è una storia universale». —
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