Se n’è andato Rutger Hauer il replicante di Blade Runner

L’attore è morto all’età di 75 anni. Nel 2016 era stato ospite a Trieste dove aveva ritirato il premio Urania d’Argento alla carriera



Correva l’anno 2019, esattamente quello, quando nel capolavoro di Ridley Scott Blade Runner, il replicante Batty, atletico, scattante e con uno sguardo magnetico impossibile da dimenticare, pronunciava il monologo entrato nella storia del cinema e nelle vite di chiunque lo abbia ascoltato: «Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi...». Sotto la pioggia acida, che nel film oscura il cielo di una Los Angeles senza speranza, Rutger Hauer recitava il testo che lo avrebbe segnato per l’intera esistenza, consegnandogli quel destino a doppio taglio che caratterizza le interpretazioni fin troppo celebri. Con gli occhi trasparenti, i capelli color platino, il corpo grondante, Hauer, scomparso a 75 anni il 19 luglio, dopo una malattia breve e implacabile, restava per sempre, da quel momento, l’androide deciso a non subire il proprio destino, esponente di una razza disperata dotata di qualità umane, ma obbligata a non sopravvivere per più di 4 anni. Quel testo lo aveva scritto proprio Hauer, proponendolo a Ridley Scott nella notte in cui si doveva girare la scena: «Erano parole così toccanti che anche chi stava filmando la scena fu commosso».

Figlio d’arte, nato a Breukelen in Olanda da genitori attori, Rutger Hauer aveva scelto per prima cosa il mare, imbarcandosi, a 15 anni, su un piroscafo mercantile. La scuola d’Arte Drammatica arriva solo dopo e il rapporto con lo studio è comunque conflittuale perché Hauer, più che apprendere, preferisce creare, scrivere poesie nei caffè di Amsterdam, inseguendo con lo sguardo azzurro i suoi sogni di marinaio mancato. La catena dei diversi mestieri, elettricista, carpentiere, guida alpina, si interrompe nel 1973 quando il regista Paul Verhoeven lo dirige in Fiore di carne. L’esordio a Hollywood risale al 1981 ed è legato ai Falchi della notte, con Sylvester Stallone protagonista. Dopo il successo planetario di Blade Runner, Hauer continua a prestare il suo viso scolpito e angoloso, il piglio autorevole e l’aria malinconica a personaggi di film avventurosi, d’azione, o fantastici come Ladyhawkein con Michelle Pfeiffer.

Per far emergere l’animo gentile, la mente profonda e l’umanità spiccata di un artista che ha dedicato molte delle sue energie a cause ambientali e sociali, è stato necessario l’incontro con Ermanno Olmi che, guardando ben oltre le apparenze, gli affidò il ruolo del protagonista nella Leggenda del santo bevitore e poi lo chiamò di nuovo, per Il villaggio di cartone.

Un’amicizia duratura, spezzata solo dalla scomparsa dell’autore: «Bravo o cattivo ragazzo - aveva detto una volta Hauer a proposito della propria carriera -, eroe o antieroe, non mi importa ciò che interpreto. Ogni ruolo ha qualcosa di magico».

Sposato due volte, padre di una figlia, Aysha, creatore di una fondazione per la ricerca sull’Aids, Hauer ha scelto di andarsene in punta di piedi, nella città natale di Beetsterzwaag, con un funerale privato, e con un annuncio rimandato di qualche giorno, come per raffreddare il clamore della scomparsa di un interprete ovunque amato. Della tenacia con cui Batty rifiutava la propria fine, nessuna traccia.—

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