Sissi, “istant book” sull’antenata delle icone di stile

di PIERLUIGI SABATTI
«La sua vita, che era iniziata come un idillio di primavera, si concluse in una terribile tragedia». In queste righe Clara Tschudi racchiude la vita tormentata di Elisabetta d'Austria, più nota come Sissi.
Diciamo subito che leggendo la biografia della Tschudi, che esce per i tipi della Mgs Press con il titolo "Elisabeth imperatrice d'Austria e regina d'Ungheria" (250 pagine, 20 euro, traduzione di Alessandra Piccinini), si capisce che la scrittrice norvegese ha involontariamente fornito ampio materiale agli sceneggiatori della trilogia di film dedicata all'inquieta sovrana, con protagonista Romy Schneider: "La principessa Sissi" del 1955, "Sissi, la giovane imperatrice" del 1956 e "Sissi - Il destino di un'imperatrice" del 1957. Pellicole melense che abbiamo visto tutti se non altro per le innumerevoli volte in cui la Rai le ha proposte. E «nell'immaginario popolare - scrive perfidamente Hans Bankl, autore di “Mal d'Asburgo” (Mgs Press, 1999) - la fama dell'imperatrice può definirsi così: digiunava come Lady D; cavalcava e tirava di scherma come d'Artagnan; faceva ginnastica come Jane Fonda; venne ammazzata come John Kennedy».
Certo la Tschudi non è colpevole delle inesattezze e delle forzature dei film, anzi, a parte qualche scivolone, che, come avverte l'editore, in questa edizione è stato cancellato, il suo volume è corretto e ricco di notizie e dettagli. Però, prima di affrontarlo, va letta attentamente l'ottima prefazione di Gabriella Ziani che inquadra il momento storico in cui uscì il libro. Siamo nel 1900; sono passati appena due anni dall'assassinio dell'imperatrice, accoltellata in riva al lago di Ginevra dall'anarchico italiano Luigi Lucheni che, detto per inciso, aveva un altro obiettivo: Luigi Filippo d'Orleans, pretendente al trono di Francia, che però aveva lasciato Ginevra. Uccisa al posto di un altro. Una beffa del destino che non ha risparmiato a Sissi sciagure e opportunità.
Per quei tempi il libro era un "istant book" che ripercorreva la vicenda dell'imperatrice «con un'abbondanza davvero notevole - nota Ziani - di scorrevoli ma anche scomode informazioni». L'autrice era un'esperta in sovrani, con una predilezione per i Wittelsbach essendosi occupata di Ludwig II di Baviera (che ha avuto, con Luchino Visconti, una versione filmica ben più nobile) e di Maria Sofia, sorella minore di Sissi e per breve tempo regina di Napoli, finché Garibaldi e i suoi Mille non cacciarono dal trono il marito Francesco II. Bel personaggio pure la sorellina che sulle mura di Gaeta, assediata dalle camicie rosse, incitava i soldati a battersi. Una quindicina i volumi della Tschudi pubblicati e tradotti in varie lingue, non tutti dedicati a teste coronate, ma anche a femministe norvegesi, che permettono di capire, spiega Ziani, «energia, interessi, cultura, capacità e successo» di questa scrittrice da noi poco nota.
Informazioni scomode s'è detto, tanto che in Austria il libro venne proibito perché, anche se in esso si coglie l'empatia dell'autrice per Sissi, nulla viene risparmiato su di lei e i principali protagonisti della Finis Austriae. La Tschudi offre con precisione un ritratto di Elisabeth senza la corona che lei detestava. Si vengono così a conoscere gli ambienti in cui vive; il suo amore per la natura; la vivace intelligenza; l'ottimo gusto; l'amore per la musica, ereditato dal padre; la passione per la poesia e le arti; la capacità di apprendere le lingue, persino l'ostico ungherese; la gentilezza; la compassione verso gli umili; i desideri; i sogni ma anche le manie, le antipatie, i tormenti, le bizzarre abitudini, gli scoppi d'ira di questa donna che la sorte aveva messo sul trono di uno dei più grandi imperi d'Europa. Ma proprio parlarne così liberamente non era tollerabile per la monarchia anche perché l'autrice non risparmiava l'imperatore: debole, succube della madre e della corte, emotivo, insicuro. Figurarsi se la censura imperial-regia poteva consentire che circolassero questi ritratti dell'imperatrice e del consorte, che la propaganda mostrava come un padre, ormai un nonno, che vegliava sulle sorti magnifiche e progressive dei suoi popoli. Quando uscì la biografia a Copenhagen mancavano 14 anni alla Grande Guerra che avrebbe cancellato l'impero e le nubi della Finis Austriae già si profilavano all'orizzonte.
Sissi stessa con la sua inquietudine, la sua insofferenza per le regole, le sue idiosincrasie, la sua misantropia, la sua ansia di perfezione fisica, di bellezza, la sua ricerca di una pace interiore, è la figura che inconsapevolmente rappresenta la sua epoca. «Tutto ciò che chiedo all'umanità è che essa non interferisca nella mia vita»; «Titoli e onorificenze non significano nulla, sono solo brandelli di abiti che si indossano per camuffare la propria pochezza e non servono in alcun modo a renderci sovrani migliori».
Queste frasi che Sissi non teme di pronunciare evidenziano il suo profondo malessere che comincia ben presto: la ragazza sedicenne che Francesco Giuseppe ha voluto sposare preferendola alla sorella maggiore Elena e contravvenendo alla volontà della madre, in una delle pochissime levate di capo della sua vita, avverte subito il peso della vita di corte, dove vige ancora l'etichetta spagnola di Carlo V, e domina un'aristocrazia ottusa e conservatrice. Sissi entra subito in conflitto con la suocera-zia. Le due donne, Sofia, sorella maggiore di sua madre Lodovica, e Sissi hanno caratteri opposti. Tanto la prima è donna di potere, tanto Elisabetta si sente a disagio quando deve «mascherarsi da imperatrice». Eppure quando si occupa di politica riesce a far bene, come nella questione ungherese: si fa amare da quel popolo e contribuisce alla riconciliazione tra la dinastia e i magiari, che avevano attentato alla vita di Francesco Giuseppe. Perché tanta passione per l'Ungheria, dove acquista un castello? Forse proprio perché l'aristocrazia austro-tedesca li detestava (Francesco Ferdinando, futuro erede al trono, non esitava a definire gli ungheresi "animali") e lei non lo accettava tanto da dire ai precettori di Rodolfo e Maria Valeria: «Rendete i miei figli il meno tedeschi possibile».
I figli non le risparmieranno dolori. La prima, Sofia, muore a soli due anni, nell'amata Budapest dove Sissi l'aveva portata per sottrarla alla suocera. La seconda Gisela non viene seguita dalla madre che ha cominciato a fuggire da Vienna; le due rimarranno sempre lontane. Il terzo, finalmente un maschio ed erede al trono, comincia ad avere un rapporto con la madre quando è già adolescente; lei rileva che è «emotivo e insicuro» come il padre. L'ultima, Maria Valeria, è quella che sarà più vicina a entrambi i genitori. La perdita di Rodolfo sarà il colpo più duro per Sissi: dalla tragedia di Mayerling porterà sempre il lutto, salvo qualche rara occasione come il matrimonio di Maria Valeria, e il suo viaggiare diventerà ancora più ossessivo.
Le sue fughe erano cominciate presto: nel 1861 dopo la nascita dell'erede al trono andò a Madeira per curarsi una presunta malattia polmonare, di cui si riprese. Ma al ritorno a Vienna la tosse ricominciò e andò a Corfù, dove tornerà moltissime volte e si farà costruire una splendida residenza, l'Achilleion. E poi le sue assenze dalla capitale furono sempre più frequenti e sempre più lunghe, anche se non si sottrasse ai suoi doveri di sovrana durante la guerra del 1866 e in altre importanti occasioni. Ma evidentemente la passione, più di Franz Joseph che sua, si era spenta, i due coniugi facevano vite separate.
Una domanda aleggia in tutte le pagine: Sissi era pazza? Era segnata dalle tare dei Wittelsbach (peraltro 600 anni di matrimoni tra i bavaresi e gli Asburgo qualche danno avevano lasciato)? No.
Era indubbiamente fragile di nervi, tendente alla depressione. Ma le sue poesie (si veda il "Diario poetico", Mgs Press 1998) che cominciò a scrivere nella sua prima "fuga" a Madera, dimostrano la sua sensibilità, la sua intelligenza, la sua cultura costruita negli anni e mostrano sia il suo sguardo triste e pessimista sul mondo, sia l'autoritratto della donna, che sapeva anche essere umile: «Per piccole o grandi che possano essere state/ le nostre azioni compiute quaggiù,/ sempre il vuoto che lasceremo/ verrà riempito velocemente! / Nell'immensità di un oceano,/ quanta poca differenza passa tra una goccia e un'onda».
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