Solo sui campi di calcio Pasolini ala destra tornava bambino felice

la recensione
Aveva in testa la maglia del Bologna sette giorni su sette, soffriva “atrocemente” per la sua squadra del cuore, ma lo sapevano in pochi che Pierpaolo Pasolini, prima di essere lo scrittore, il regista, il poeta, il polemista, era un grande, autentico tifoso di calcio. Tanto che la sua stanza di Casarsa era dipinta con i colori rossoblù del Bologna. “Se non avesse fatto lo scrittore che cosa avrebbe voluto essere?” gli aveva chiesto Enzo Biagi in una intervista dei primi anni Settanta. “Un bravo calciatore”, aveva risposto lui, che considerava il calcio uno dei suoi grandi piaceri, dopo la letteratura e l’eros.
Pasolini aveva cominciato a giocare al liceo e non aveva mai smesso. Negli anni tormentati del dopoguerra giocava in una squadra dilettantistica di Casarsa e dopo la “fuga” a Roma, quando era già un nome affermato nell’ambiente culturale italiano, era sempre pronto a tirare due calci al volo buttandosi nella mischia in qualche prato spelacchiato di periferia. Ci sono foto in cui lo si vede in giacca e cravatta impegnato a dribblare i suoi “ragazzi di vita” in canottiera e calzoncini. E se molti avevano rubricato quelle manifestazioni come espressioni originali di un intellettuale sempre in cerca di una parte incontaminata, preconsumistica e incorrotta, si è scoperto che no, che il rapporto tra Pasolini e il calcio era proprio totalizzante.
Un aspetto che era già emerso una ventina di anni fa, quando Valerio Piccioni aveva pubblicato “Quando giocava Pasolini”, e che ora offre nuovi spunti in “Il calcio secondo Pasolini” (Compagnia editoriale Alberti, pagg. 144, Euro 16,00), che sarà presentato in prima nazionale domani alle 17.30 al centro studi Pasolini a Casarsa.
L’autore, Valerio Curcio, giornalista del quotidiano “Il romanista”, ha indagato il rapporto tra Pasolini e il calcio dividendolo in cinque capitoli: l’amore per il Bologna, l’esperienza da calciatore praticante, il calcio nelle sue opere, la sua pur sporadica attività di giornalista sportivo e infine i contributi sul ruolo del calcio nella società contemporanea. L’inquietudine che Pasolini provava per quello che definiva l’universo orrendo del neocapitalismo italiano e in cui il calcio cominciava a essere parte, non poteva non metterlo in difficoltà. Erano poi gli anni dell’impegno, e la sinistra non ammetteva distrazioni. Come conciliare pallone e rivoluzione? Pasolini percepiva il rischio di contraddirsi, ma il tifoso che idolatrava Bulgarelli avrà sempre la meglio sul critico della società dei consumi. Dacia Maraini offre a Curcio una chiave di lettura interessante: “Secondo me Pier Paolo andava avanti con la testa rivolta indietro. Inseguiva un sé stesso bambino che scappava. Quando giocava, quel bambino prendeva corpo assieme al pallone; quando finiva di giocare, tornava l’adulto inquieto e doloroso che era diventato”. Solo col pallone tra i piedi e il campo davanti a sé Pasolini era felice. Non beveva, non fumava, aveva un fisico asciutto che curava ed esibiva sfrontatamente, amava giocare all’ala destra e il suo mito era Biavati, un calciatore del Bologna famoso per aver inventato il “doppio passo”.
Negli anni Sessanta Pasolini era diventato una presenza fissa nella nazionale dello spettacolo, che riuniva cantanti e attori e sfidava altre rappresentative composite. Si giocava come piaceva a lui, senza fanfare e troppe cerimonie. Le partite di beneficienza, gli eventi in diretta tv, non erano ancora nati. Capitava anche a Grado che d’estate la nazionale dello spettacolo giocasse contro una selezione di giornalisti, e Pasolini era compagno di squadra di Raf Vallone, Mario Valdemarin, Fabio Capello e Giovanni Galeone. Ma la sua partita più famosa resta quella tra le troupe di “Novecento” e quella di “Salò”, che si giocò nella Bassa padana durante la lavorazione dei due film. La sua squadra perse nettamente e Pasolini abbandonò il campo prima del tempo, furibondo. Non ci stava a perdere.
E a proposito di film, oggi, alle 17.30 per il secondo appuntamento con il ciclo di formazione sul cinema di Pasolini al Centro studi di Casarsa verrà proietatto il film “Medea”, secondo titolo che compone la filmografia di Pasolini dedicata agli antichi miti greci, preceduto da una lezione a cura di Alessandro Mezzena Lona dal titolo “Medea, la strega che amava Accattone”. —
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