Stefania Rossotti e il grande amore per scelta senza conseguenze
Nervoso a scatti. Talvolta quasi in affanno. È il flusso di racconto che anima “Il giorno uno di noi due” di Stefania Rossotti (Mondadori, pagg. 116, euro 17,00), giornalista e inviata speciale di “Grazia” all'esordio nel romanzo dopo “Che fine ha fatto il tuo cuore” e ”Ti parlo da una vita”, raccolte di storie al femminile. Già dal titolo, quel giorno “uno” sottolinea l'anomalia strutturale che costituisce l'ossatura del racconto: siamo sì di fronte a “Una storia d'amore”, come recita il sottotitolo, ma vissuta attraverso una privazione di fondo, costruita essa stessa su una negazione, stretta da un tacito patto tra i due protagonisti senza nome.
È la storia di un amore nato quando la protagonista era bambina, iniziato come gratitudine verso il ragazzo che l'aveva aiutata in uno dei primi momenti difficili della vita: esame di nuoto da ripetente, quell'annaspare in piscina, la sensazione di non farcela e di fallire, e improvvisamente una mano che ti guida e ti riporta al mondo. Obbligando la protagonista settenne «a farcela, a starci nella vita buona».
Un rapporto che negli anni crescerà d'intensità, corrisposto, cui faranno da sfondo gli anni delle rivolte studentesche degli anni '70 come, nel privato di entrambi, gli affetti mancanti delle figure materne. Nascerà quindi un legame, un bisogno di stare insieme, di sentirsi necessari l'uno all'altra che però non si risolverà mai in qualcosa di concreto, di classicamente stabile: per preservarlo da ogni tipo di rischio il loro sarà un amore «senza conseguenze», dove ognuno sceglierà di vivere un'altra vita, portando avanti altri legami, figli avuti da altri partner, abitazioni diverse in città distanti.
Un «camminare di fianco» frustrante e ostico da accettare per il lettore, «anche se vicini e allineati per tutta la vita». Perché, nonostante questa scelta ai limiti del masochismo, i protagonisti senza nome sempre si cercheranno, si capiranno, condividendo questo sentimento senza drammi né ripensamenti. Basterà il percepire «quella tensione, quel richiamo» e ricominceranno a cercarsi, in una sequenza estenuante “Milano-taxi-aeroporto-Londra-taxi-aeroporto” senza soluzione di continuità, fatta eccezione per le puntate nella casa al lago che Rossotti ben descrive come un tempo extraurbano e perciò rarefatto e sospeso. “Il giorno uno di noi due” si fa così crescendo febbrile denso di emozioni e sensazioni profonde: qualche eccesso c'è - «non ti ho mai permesso di esporti alla dissipazione della luce» - una certa ripetitività pure, immaginiamo fisiologica per scavare nell'intimo di questa «testa piena di labirinti» e comprenderne appieno la folle scelta. L'autrice alterna pagine dolorose – tra le più intense, la rabbia per la morte di un amico dei protagonisti, momento che chiuderà la giovinezza di tutti - a tratti intensamente crudi e di grande durezza, come il rifiuto dell'amore per la protagonista da parte della madre. —
Riproduzione riservata © Il Piccolo