Steve Jobs, storia di un genio utopista

Il film di Aaron Sorkin racconta l’estro creativo del fondatore della Apple

Sarebbe stato impossibile raccontare una mente e una personalità complesse come quelle di “Steve Jobs”, il fondatore della Apple, l'uomo che è entrato nelle vite quotidiane di tutti noi ideando i computer Macintosh, l'iPhone, l'iPad, con un film autobiografico canonico, dall'infanzia alla morte. Per questo è davvero memorabile il film scritto da Aaron Sorkin (già autore di "The Social Network" sul papà di Facebook Mark Zuckerberg) e diretto da Danny Boyle ("Trainspotting", "The Millionaire") che racconta non tanto la vita di Jobs, quanto il suo impareggiabile estro creativo cercando di rispondere a una domanda, la stessa che gli rivolge il suo vecchio socio Steve Wozniak: «Non sei un ingegnere, non sei un programmatore, non sei un designer. Perché leggo dieci volte al giorno che Steve Jobs è un genio? Cosa fai esattamente?». La risposta che Jobs, interpretato con intensità quasi shakespeariana da Michael Fassbender (nominato al Premio Oscar), dà sullo schermo è: «Io dirigo l'orchestra, gli altri sono bravi musicisti». Per questo, per la sua naturale propensione alla comunicazione, il film sceglie di raccontarlo concentrandosi sui backstage degli eventi di presentazione dei suoi tre prodotti più significativi, il Macintosh nel 1984, il cubo Next nel periodo in cui Jobs uscì da Apple e l'iMac, nel 1998, quando Steve era tornato in azienda da Ceo. Lo conosciamo attraverso il rapporto con i suoi collaboratori più stretti, dalla capo marketing Joanna Hoffman (Kate Winslet, anche lei candidata all'Oscar come miglior attrice non protagonista) che tenta spesso di riportarlo alla realtà, a John Sculley (Jeff Daniels), primo Ceo di Apple, e soprattutto con la figlioletta Lisa della quale rifiuterà tenacemente la paternità. Il particolare sguardo dietro le quinte adottato dal film ce lo restituisce come un folle, un utopista, un mitomane («Nel 20mo secolo ci sono due eventi significativi: la vittoria della guerra da parte degli Alleati e la presentazione del Macintosh», lo sentiamo dire), ma anche un fenomeno pop, un uomo che aveva una visione precisa dell'era contemporanea. La cavalcata nel suo pensiero e nelle sue ombre è affascinante: non un ritratto ma un quadro impressionista, come l'ha definito il regista stesso. (e.gra.)

Riproduzione riservata © Il Piccolo