Storie di mafia e drammi d’amore per cronisti inquieti e detective nell’oscurità di Milano e Palermo

“Risultava incredibile che quel piccolo paradiso notturno si trovasse nella stessa città, nella stessa nazione, nello stesso emisfero dove un gruppo di assassini aveva premuto un telecomando dodici ore prima, facendo scempio di uomini, cose, speranze”. Palermo, luglio 1983. La luna, lo sciabordio dell’acqua, una ragazza bellissima da scoprire, l’inizio d’una storia di intensi sentimenti e passioni. Palermo, città mattatoio, durante gli anni della guerra di mafia, con i suoi mille morti. Palermo, in cui si cercano con frenesia storie d’amore per non soccombere alla violenza e al lutto. C’è tutto questo, e molto di più, nelle pagine de “I cinque canti di Palermo” di Giuseppe Di Piazza (HarperCollins, pagg. 285, euro 17), ampia e ben più matura riscrittura del primo libro di un autore di talento, giornalista a “L’Ora” proprio in quella drammatica e dolcissima stagione e poi a “Il Messaggero” e al “Corriere della Sera”. Protagonista è Leo Solinas, inquieto e intraprendente cronista, una sorta di alter ego dell’autore da giovane. E le storie che incontra, disvela e racconta dicono di amori tragici ma ostinati (tra un ragazzo d’una famiglia mafiosa che rifiuta di fare il killer e una ragazza di famiglia borghese, pronta a pagare il prezzo d’un grande dolore), di vite stravolte dall’eroina, di “ladri onesti” e di un medico serio e perbene ucciso per mano di mafia e calunniato, in attesa che, quasi trent’anni dopo la morte, finalmente si arrivasse alla verità. Sullo sfondo, Palermo, città che ferisce ma che è impossibile non amare, anche solo nell’assenza e nel ricordo.
Sicilia anche nelle pagine di “Il lusso della giovinezza” di Gaetano Savatteri, (Sellerio, pagg. 152, euro 14), ancora un romanzo che ha per protagonista Saverio Lamanna, giornalista e scrittore di successo ma sempre disoccupato e la sua “spalla” Peppe Piccionello. C’è un morto, un imprenditore americano animato dalla generosa speranza di cambiare l’anima nera dell’isola, cominciando da Castelbuono, fascinoso antico paese sulle Madonie: uno strano incidente che fa pensare a un omicidio. C’è uno scontro fra vecchi e giovani, tradizioni stolide e innovazioni arrischiate. C’è l’ombra degli affari mafiosi. E alcune storie d’amore che si intrecciano, a dispetto delle differenze d’età. Nevica, sulle montagne. E il pensiero del sole è una lontana consolazione. Come l’ironia affilata che aiuta a svelare i contorni del dramma e aprire la strada a controverse verità.
Milano, invece, fa da scenario al romanzo d’esordio di Giorgio De Pascale, una vita da manager e un’attualità da professore: “Nel rispetto dell’articolo 7”, (Porto Seguro Editore, pagg. 269, euro 16,90). Il protagonista è Sergio De Luna, un manager, appunto, direttore delle risorse umane in un’elegante catena alberghiera. Indagando su una serie di reati finanziari ai danni degli hotel e di casi di violenza sessuale, scopre una trama di manovre segrete massoniche, affari oscuri, ricatti. Rischia la vita. Ma viene comunque a capo dei traffici illeciti. Ci sono ombre e luci, dietro il lusso di un Grand Hotel.
Milano, ancora, tra il Naviglio Grande e il Giambellino. I luoghi di Libera, ex libraia e fioraia di successo, detective per curiosità e passione, protagonista di una fortunata serie di Rosa Teruzzi per Sonzogno (pagg. 144, euro 14 ). Qui, in “La memoria del lago”, Libera fa partire la sua indagine da una cartellina sbiadita che contiene i vaghi documenti sulla morte di Ribella, una ragazza intraprendente e appassionata, nell’agosto 1946 a Colico, sul lago di Como. Un’indagine tesa e difficile. Perché Ribella è sua nonna. E su quella morte, pure in famiglia, c’è sempre stata una dolente rimozione. Libera vuole capire, sapere. E così, nel viaggio indietro nel tempo, con l’aiuto della madre Iole e di Irene, cronista sagace, riporta alla luce trame in cui si muovono cupi contrabbandieri, poliziotti reticenti, personaggi potenti e torbidi di quel dopoguerra ancora segnato da violenze con radici nel fascismo appena finito. Rivalità e rancori. C’è un filo d’amore, da ritrovare. Come un prezioso fiore nel lutto. —
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