Storie di transito al Miela con “The Gender Show”

Oggi lo spettacolo di Marcela Serli con la compagnia Atopos: «Spettacolo dell’identità»
TRIESTE. Come stelle comete, anche le parole si portano dietro una coda. I richiami, le associazioni di idee, le immagini che le parole stesse riescono a evocare.


La parola "trans" non ha una coda invidiabile. Nell'opinione comune, richiama un mondo al limite della decenza, sessualità di nicchia, chiacchiere a mezza voce. E transessuale è una parola che a molti mette paura.


In realtà, "trans" ha a che fare con transito, transizione, trasformazione. Concetti che spiegano bene, forse anche meglio, il mondo contemporaneo. Il mondo che il sociologo Zygmunt Bauman - uno che ci ha dato parecchi strumenti per capirlo - definiva un "liquido".


Di transizioni e fluidità parla "The Gender Show" (questa sera al Teatro Miela, alle 20.30). Spettacolo in cui la regista e autrice italo-argentina Marcela Serli e la sua compagnia teatrale Atopos portano all'attenzione del pubblico temi che continuano a infiammare il dibattito civile. Oltre che quello politico e religioso.


A cominciare dalla temibile "teoria del gender". Teoria che nessuno ha mai teorizzato, ma che viene rumorosamente brandita da chi alle trasformazioni e alla fluidità del mondo non si arrende.


Per fortuna, "The Gender Show" non è un comizio né una conferenza. È teatro, appunto. E del teatro ha il piglio ironico, non quello accademico. Il fare scanzonato, non l'indole polemica e dimostrativa.


Serli sale in palcoscenico fasciata da un'aderente tuta di pelle nera e, come su una pista da circo, tiene il filo dei numeri che compongono il grande show delle identità contemporanee.


A lei chiediamo perché un sacco di persone ce l'abbia con il "gender": «Perché - risponde - uscire dal dualismo che oppone maschio e femmina è qualcosa che fa paura». «L'ambiguità - continua Serli - , il caos, l'essere a metà strada, spesso fanno precipitare nel panico chi non ha strumenti per capire ciò che avviene intorno».


Che sesso biologico (il sex) e ruolo sociale-culturale del sesso (il gender) si possano distinguere, lo ha detto del resto anche il papa (nell'esortazione apostolica Amoris Laetitia, del 2016). Anche se poi papa Francesco precisa "distinguere, ma non separare". «E in campo laico c'è l'evidenza dei dati numerici - continua Serli - e c'è la parola di filosofi e sociologi che si affannano a spiegare che il mondo cambia, che identità personale e forma della famiglia cambiano. Ma non è facile che su questo tutti concordino».


Dell'essere "in transito", la compagnia Atopos ha fatto una bandiera. I suoi componenti - attori professionisti ma anche no, persone transessuali ma anche no - sanno che non tutti sono d'accordo.


Ma le mail e i messaggi con cui, qualche mese fa, gli spettatori di un teatro rinunciavano all'abbonamento per protesta contro i temi affrontati da "The Gender Show", sono comunque meno numerosi delle attestazioni che dopo ogni spettacolo arrivano alla compagnia da chi in quelle storie si è riconosciuto. Non come transessuale, ma nella propria storia di persona «che ha dovuto rinunciare - dice Serli - a parte di sé, alle proprie ambizioni, ai propri desideri, per pressioni esterne, per forza di adeguamento».


A portare in scena questo bel groppo di problemi saranno stasera Noemi Bresciani, Nicole De Leo, Giacomo Arrigoni Gilaberte, Antonia Monopoli. Oltre alla stessa regista, che conclude: «Identità o parità di genere. Sfido il pubblico a intuire chi tra loro sia attore o danzatore, etero o gay, o transgender. Noi, come persone, siamo tutti in transito».


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