Sulle litografie di Dubuffet il suolo si fa arte

PADOVA. Era il 1964 quando Jean Dubuffet (Le Havre 1901, Parigi 1985), scelse l'Italia e gli spazi di Palazzo Grassi a Venezia per presentare al mondo il risultato di un'imponente, e per certi versi irripetibile, avventura creativa: i "Phénomènes". Da allora il pubblico italiano non ha più visto l'eccezionale ciclo di 324 litografie realizzato tra il 1958 e il 1962.
Dubuffet è una delle figure chiave dell'informale e, soprattutto, è il padre dell'Art Brut, arte grezza e spontanea che l'artista osservava tra i pazienti di ospedali psichiatrici o tra i carcerati, e in generale ovunque mancassero quelle regole estetiche normative e strutturate, fonte della sua radicale avversione. Finalmente i "Phénomènes" tornano in Italia: fino al 31 ottobre gli ampi spazi espositivi del nuovo Giardino della biodiversità dell'Orto botanico di Padova, Patrimonio Unesco, accolgono la grande mostra di Jean Dubuffet "Il Teatro del Suolo". L'esposizione, promossa dall'Università degli Studi di Padova e curata da Nicola Galvan, riunisce tutti i lavori litografici.
324 litografie scandite in 22 suite, composte da 18 o a 10 movimenti, per la cui realizzazione Dubuffet impiega dal 1958 al 1962 e che rappresentano l'apice della sua ricerca condotta negli anni '50 sulla celebrazione del suolo. Accolti nelle collezioni permanenti di alcuni dei più importanti musei del mondo, quali il Centre Georges Pompidou di Parigi, il MoMA e il Solomon R. Guggenheim di New York, i 22 portfolio che custodiscono l'intero ciclo giungono a Padova grazie alla collaborazione della Fondation Dubuffet e della Galerie Baudoin Lebon di Parigi. Questi lavori sono stati realizzati per indagare la terra, l'acqua, la vita vegetale e minerale dal punto di vista simbolico, estetico, fenomenologico.
L'evocazione di questa dimensione primaria della materia ha costituito il "segno" dominante della ricerca artistica di Dubuffet per un intero decennio. Dubuffet non si è limitato a offrire del suolo una rappresentazione convenzionale. Imitando idealmente l'opera della natura stessa, ha fatto sì che le immagini, veri e propri "luoghi" o porzioni di mondo, si generassero in modo quasi spontaneo dall'assemblaggio di elementi botanici o in virtù di processi operativi d'ordine sperimentale, in cui l'autore ha unito alla perizia dell'artigiano quella del chimico. In questi lavori, oltre a raccogliere sulla carta le impronte di diverse superfici individuate nell'ambiente che lo circondava, Dubuffet ha fatto ricorso a procedimenti quali la polverizzazione, l'irrigazione e l'emulsione di liquidi sulla pietra litografica, orientandoli verso il raggiungimento di possibili analogie visive con i fenomeni relativi alla natura e alla terra in particolare. L'esito, ancora oggi da ritenersi un unicum assoluto nel campo delle arti, è uno spettacolare "atlante" di immagini a colori e in bianco e nero, apparentemente astratte eppure verosimili; una classificazione puntuale, quanto poetica, di avvenimenti grandi e impercettibili, visibili e invisibili, in cui l'autore sembra osservare e immaginare il mondo attraverso gli occhi del geologo o del botanico. Il Teatro del Suolo è un progetto pensato appositamente per il Giardino della biodiversità all'Orto botanico di Padova, e realizzato in coincidenza con Expo 2015, manifestazione che ha per titolo “Nutrire il pianeta” e che vede l'Università di Padova impegnata in qualità di partner.
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