Sulle tracce degli edifici del modernismo sovietico a rischio estinzione
il percorso
Come cambiano nel tempo l'uso e la funzione degli edifici? Nell'architettura urbana è scritta la storia delle civiltà perché sia le piccole vicende umane così come gli eventi epocali lasciano il segno negli spazi che abitiamo e nelle forme che vediamo. Trieste Contemporanea ha iniziato un'indagine in tal senso sugli edifici storici dell'Europa dell'Est e, dopo aver raccontato la vicina Croazia, adesso si spinge più lontano fino al Tagikistan e al Kirghizistan. Si intitola “Endangered Species: a Plea for a Red Book of Soviet Modernism” la mostra, visitabile fino al 15 giugno, che mette al centro le opere del Modernismo sovietico minacciate dall'estinzione attraverso le fotografie e i film di Stefan Rusu, artista moldavo residente in Pakistan. Il progetto prosegue il suo precedente lavoro intitolato “Insular Modernities” in cui l'architettura socialista dell'Asia centrale viene analizzata insieme ai rari palazzi modernisti lì conservati e a una serie di piante endemiche ormai in via di estinzione. Natura e urbanizzazione possono convivere o subiscono un rapporto di conflitto impossibile da conciliare?
Stefan Rusu ha alle spalle una lunga permanenza e numerosi viaggi nei paesi dell'Asia centrale e tenta di fornire una sua interpretazione, innovativa e personale, del patrimonio architettonico dell'ex Unione Sovietica. A Mosca si trovano le principali costruzioni del Modernismo sovietico come il Palazzo dei congressi del Cremlino e gli edifici del Parco della Vittoria sulla collina Poklonnaya, uno stile sorto lo scorso secolo tra gli anni Cinquanta e la caduta dell'Urss e caratterizzato dall'incontro tra elementi sovietici e islamico-persiani. Alle lastre di cemento grigio sono affiancati infatti piastrelle colorate, motivi di mosaici, forme rettilinee e curvature decorate che danno vita a un design imponente, vicino allo stile brutalista. Se le origini sono legate alle opere di Le Corbusier, il termine Modernismo architettonico sovietico è stato introdotto una decina di anni fa, in particolare per merito del fotografo francese Frederic Shubin dopo un suo viaggio esplorativo nel 2000 nei territori dell'ex Unione Sovietica. Con l'eccezione della parte decorativa, questo stile ha alla base il Brutalismo e le sue qualità: la funzionalità delle forme e delle strutture massicce, l'aspetto urbano degli edifici, le soluzioni audaci e intricate che riflettono la complessità della vita sovietica e infine il principale materiale utilizzato, ovvero il cemento armato.
Nella mostra allo Studio Tommaseo le immagini fotografiche sono accompagnate dal film “Return from the Future” di Rusu, una sorta di documentario sullo stato attuale di conservazione dell'architettura della città di Bishkek. Nel film si svolge una discussione tra architetti ed esperti sui molteplici aspetti dell'uso passato degli edifici e del loro destino futuro dovuto ai cambiamenti politici ed economici di oggi. Il film prende spunto dal romanzo “Return from the Stars” dello scrittore polacco Stanislaw Lem in cui un cosmonauta rientra sulla Terra dopo una lunghissima missione spaziale e trova che la vita del pianeta è radicalmente cambiata.
Stefan Rusu è un artista, curatore freelance, editore e regista moldavo che si occupa di processi di trasformazione politica e dell'evoluzione delle società post socialiste dopo il 1989. Attraverso un approccio multidisciplinare che comprende mostre, libri, documentari e social network l'artista osserva il ruolo e la trasformazione dello spazio pubblico urbano. Questo percorso di analisi è iniziato con “Insular Modernities” in cui si studia come i fenomeni dell'architettura socialista siano stati mantenuti e percepiti nelle periferie della zona orientale dell'ex blocco sovietico. La mostra è visitabile previo appuntamento scrivendo all'email info@triestecontemporanea.it; qualora si voglia prenotare anche la visione del film si prega di specificarlo. —
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