Tina Modotti e gli “ultimi”: 90 anni dopo il Messico doppia mostra-omaggio

A Tolmezzo e a Lestans due diversi allestimenti celebrano la grande fotografa friulana ricordando l’esposizione del 3 dicembre 1929 (57 immagini) all’Università della capitale 

il personaggio



«Ogni volta che usano le parole arte o artista in relazione ai miei lavori fotografici, avverto una sensazione sgradevole dovuta senza dubbio al cattivo impiego che si fa di tali termini: mi considero una fotografa e niente altro». Questo scrive Tina Modotti nell’introduzione alla mostra che di lì a poco sarebbe stata inaugurata all’Università di Città del Messico. Era il 3 dicembre del 1929, una data e un’esposizione che oggi vengono ricordate nel Friuli Venezia Giulia da ben due mostre: una organizzata a Palazzo Frisacco di Tolmezzo dal Comitato “Tina Modotti”, dal Comune e dal Circolo fotografico del capoluogo della Carnia. La seconda a Lestans, nei saloni di Villa Ciani, per iniziativa del sindaco del Comune di Sequals Enrico Odorico e del professor Giancarlo Ellero.

La prima mostra ha attinto il materiale espositivo dall’archivio faticosamente organizzato in anni di ricerche dal fotografo Riccardo Toffoletti, da tempo scomparso; la seconda ha ottenuto la preziosa collaborazione dei vertici di Cinemazero che gestisce immagini e filmati di cui la famosa fotografa e attivista politica friulana è protagonista.

In altri termini due mostre sono state allestite a poco più di sessanta chilometri di distanza l’una dall’altra, anche se i temi proposti a ricercatori e appassionati sono in buona percentuale sovrapponibili. Questo dimostra una certa incomunicabilità nei rapporti tra i due gruppi di organizzatori, ma anche l’enorme interesse che Tina Modotti e il suo lavoro di fotografa nel Messico degli anni Venti suscitano ormai da mezzo secolo in Friuli e non solo.

Dopo anni e anni di silenzio il “via” a queste ricerche fu dato nella primavera del 1971 dall’esponente del comunismo internazionale Vittorio Vidali che con Tina Modotti ebbe una lunga relazione politica e sentimentale ma che riuscì dopo l’espulsione della fotografa dal Messico a mettere in salvo a Mosca i negativi e i positivi delle immagini realizzate nello stato centroamericano. Vidali, alias Andrea Sormenti, alias comandante Carlos, ne parlò pubblicamente nel corso di una serata in onore dei combattenti friulani della guerra di Spagna.

Fu l’inizio di un interesse culturale che non accenna a rallentare. Mostre, libri, ricerche, testimonianze, intitolazioni di vie, recupero di antichi giornali, volantini e film in cui Tina Modotti aveva recitato a Hollywood all’inizio degli anni Venti.

Secondo le ricerche più aggiornate la fotografa nata a Udine nel 1896 ed emigrata negli Stati Uniti nel 1913 non avrebbe realizzato nella sua attività più di 500 immagini. Non tutte sono emerse e a quelle ancora “sommerse” storici, critici e commercianti stanno dando una caccia spietata dal momento che una stampa “vintage” ha raggiunto nelle aste un valore di svariate centinaia di migliaia di dollari.

Ma ritorniamo alla mostra inaugurata il 3 dicembre 1929 all’università di Città del Messico, la più importante e frequentata dell’America latina. In tutto sarebbero state esposte 57 fotografie, 41 delle quali sono visibili nelle due mostre di Lestans e a Tolmezzo. Secondo gli storici della fotografia la rassegna del 1929 lasciò il segno nell’evoluzione della fotografia mondiale per l’interesse dell’autrice per gli “ultimi” di quello che oggi chiamiamo “terzo mondo”. In sintesi la mostra del 1929 rappresenta una tappa fondamentale nell’attività di Tina Modotti, perché fu la stessa fotografa a scegliere le immagini e a gestire l’allestimento della mostra. Non fu stampato un catalogo, solo mille volantini. Dopo undici giorni la rassegna chiuse i battenti.

«Perché fu ed è importante?» si chiede ora Giancarlo Ellero che, nel prezioso catalogo stampato dal Comune di Sequals in 500 copie, offre agli appassionati una risposta esauriente. «Quasi tutte le immagini esposte ebbero una fortuna allora impensabile e alcune si trasformarono in icone. Sono state ripetutamente pubblicate, negli ultimi cinquant’anni, in riviste e libri di tutto il mondo».

Va aggiungo che tutte le fotografie sono state realizzate in Messico nel corso di sei anni e che lo sguardo e l’obiettivo di Tina Modotti si soffermano su una sfilata di lavoratori del Primo Maggio con i “sombreros” di paglia; sulle “tute blu” che lavorano faticosamente alla costruzione di edifici, scaricano vagoni carichi di banane o si arrampicano su un altissimo serbatoio di carburante. Altre immagini mostrano una madre azteca che allatta il suo bambino e le mani forti di una donna che lavano i panni strofinandoli sulla pietra.

Le pagine del catalogo contengono anche una foto inedita recuperata fortunosamente sulla bancarella di un mercatino da Walter Liva, per lungo tempo direttore e punto di riferimento del Craf – Centro regionale di archiviazione fotografica - di Spilimbergo. “L’ultima foto da zio Pietro” è il titolo del capitoletto che rende nota questo ritrovamento. Si tratta di una immagine realizzata nello studio di via Carducci a Udine gestito da Pietro Modotti.

Con grande probabilità la ragazza ritratta è proprio Tina Modotti che di lì a poco, il 24 giugno 1913, sarebbe partita da Genova per New York con altri 1600 emigranti a bordo del piroscafo “Moltke” della società Hamburg–American. Aveva solo 17 anni e in treno avrebbe attraversato il continente americano per raggiungere a San Francisco, il padre Giuseppe e la sorella Mercedes. Tina non avrebbe mai più messo piede in Friuli e in Italia.



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