Tonio Kröger, il non-capolavoro di Thomas Mann

Mario Santagostini è tra i più rilevanti poeti italiani. Tra le sue ultime raccolte ricordiamo “Felicità senza soggetto” (Lo Specchio-Mondadori) e “Uscire di città” (Stampa 2009). La sua è una poetica del “distacco”, una sorta di lontananza che di fatto mette a fuoco le cose. Come se, in prossimità dei suoi versi, noi ci aprissimo a certe domande su ciò che siamo e sulla nostra direzione: ma per andare dove? quando? in quale prossimità? L’esistere tuttavia, per quanto raffreddato, è una possibilità che continua a darsi, in Santagostini, e che non segna un distacco definitivo, irrecuperabile, grazie anche a un espediente che forse compila ancora di più un topos della poetica dell’autore, di un passato futuribile, fin dall’inizio (“… ma un giorno passerà di qui/chi io non ero ancora”), di un a venire, come si diceva, che ritorna sempre. Il suo suggerimento è “Tonio Kröger” di Thomas Mann. «Un grande non-capolavoro. Una autobiografia mascherata che racconta di formazioni spirituali e in cui ancora ci si pone il problema se scrivere sia un gesto vitale o un segno di decadimento se non di degenerazione rispetto ai codici della vita, attiva, produttiva, “borghese”. Sì: Mann usa proprio quella desueta parola per indicare il sentire collettivo a cui l’arte è chiamata a opporsi. È una storia dove, alla fine, il protagonista si scopre per quello che è: un isolato che ama i suoi simili ma che non potrà entrare in totale sintonia con loro. E resterà a guardarli con un mix di affetto, invidia, malinconia e disprezzo. Al di là del fatto che il tedesco di Mann è sublime, al di là del fatto che la divaricazione arte-vita è roba di tempi lontani in cui si leggevano Nietzsche e Schopenhauer come maestri dell’esistere, Tonio Kröger mi sembra un libro su cui tornare proprio adesso. Quando le eventuali vocazioni e gli apprendistati alla letteratura sembrano essersi trasformati da tormentati, individualissimi conflitti con l’universo in indolori, enfatici narcisismi da teatralizzare e condividere. Da promuovere. Senza drammi e via social». —
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