Torbianelli firma gli auguri Chamber
Stasera al Ridotto del Verdi il pianista triestino col violinista belga Wietse Beels per il concerto delle feste

TRIESTE. «Più che sentirmi un triestino che “ce l'ha fatta”, ho avuto la fortuna che i miei interessi potessero incontrare un campo dove realmente svilupparsi. Oggi la mia vita è di musicista, concertista, insegnante, ricercatore, cercando che questi ambiti non siano mai separati ma che, anzi, s'ispirino e si nutrano a vicenda». L'avevano annunciato, a Chamber Music, che ci sarebbe stato un grande ritorno per un pianista triestino che spopola sulle scene internazionali. Stasera, fresco di un prestigioso Diapason d'Or dell'anno appena conseguito a Parigi e con un nuovo disco, “Chopin”, in uscita a gennaio, sarà Edoardo Torbianelli a siglare i tradizionali Auguri di Natale Chamber alle 18 alla Sala del Ridotto Victor de Sabata del Teatro Verdi. In duo con Torbianelli, attesissimo al rientro live nella sua città, ci sarà il violinista belga Wietse Beels, altro interprete di spicco e grande amico di lunga data del triestino: insieme tracceranno un ritratto del compositore danese Niels Gade, personaggio tutto da riscoprire che tanto ha dato al panorama tedesco e nordico, a iniziare dal norvegese Edvard Grieg.
«Felicissimo di ritornare a suonare a Trieste, e nella sala del Ridotto», Torbianelli rappresenta oggi uno dei massimi esperti europei nel campo della ricerca interpretativa del repertorio pianistico romantico. Vive tra Parigi, dove insegna a La Sorbonne, e Basilea, cattedra alla Schola Cantorum Basiliensis, con puntate a Berna, dopo studi ad altissimo livello che hanno preso le mosse dai diplomi in pianoforte e clavicembalo conseguiti nella città natale, rendendolo un maestro della tastiera moderna e, del clavicembalo, uno dei più importanti interpreti del nostro tempo.
«Adesso il clavicembalo lo suono saltuariamente, mentre suono soprattutto pianoforti storici – racconta l'artista -. Molti musicisti al giorno d'oggi si sono resi conto che conoscere gli strumenti su cui la musica che si suona è stata realmente eseguita può aprire le orecchie ed insegnare davvero molto. Io ne sono stato attratto già da giovane per un'idea di confronto con un suono originale, per avere un'immagine, reale, di come repertori passati sono stati composti. Perché nel Novecento si sono perse, nello stile pianistico, diverse conoscenze, tra cui la capacità nel leggere i segni della partitura, cosa che invece all'epoca era di dominio pubblico tra musicisti: la partitura coi suoi segni sapeva indicare in maniera chiara suggerimenti espressivi ed è questo l'aspetto della ricostruzione interpretativa che occupa la ricerca nell'ambito della musica romantica. Per cui può essere importante l'uso dello strumento, ma quello che è fondamentale, alla fine, è l'approccio interpretativo».
«È bello insegnare alle nuove generazioni nel mondo della musica antica classica – continua Torbianelli –, mondo che oggi si trova ad essere “fuori fase” rispetto a quello in cui viviamo: chi lo affronta ha bisogno di molto aiuto e di molti punti di riferimento. Qual è il primo consiglio che do a chi inizia? Di credere nei propri interessi, di cercare di perseguirli e poi, quando uno entra nel vivo, di armonizzare sempre le formazioni delle conoscenze culturali con la conoscenza di se stesso, con lo sguardo alla propria interiorità: perché è lì che le conoscenze diventano vive e autentiche, e senza quello sguardo la formazione non vivrà mai realmente».
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