Trieste, in un cd il “Metabolismo lento” di Bozzetta

Il cantautore triestino esordisce a 67 anni con un album sorprendente: «Canto dal 1966, ma i miei ritmi sono questi»
La copertina del primo cd di Bozzetta “Metabolismo lento”
La copertina del primo cd di Bozzetta “Metabolismo lento”

TRIESTE. Un disco di debutto a 67 anni: meglio tardi che mai, specie se si tratta di un gioiellino come "Metabolismo Lento" del triestino Fulvio Bozzetta, che ha le carte in regola per lasciare un segno nel cantautorato made in Trieste (e non solo).

Dodici canzoni che rischiavano di rimanere in un cassetto, se non fosse stato per altri due talenti cittadini: il soul singer Al Castellana e il suo collaboratore Daniele Dibiaggio che, riconosciuto il genio di Bozzetta, hanno prodotto e pubblicato l'album per la loro etichetta, Lademoto.

Hanno partecipato alla realizzazione alcuni tra i migliori musicisti della zona, impossibile citarli tutti, tra i tanti: Fabio Valdemarin, Paolo Muscovi, Sergio Giangaspero, Andrea Zullian, Alessandro Leonzini, Maurizio Marchesich...

Martedì alle 18 Bozzetta, accompagnato da Montserrat Zerega e Dibiaggio presenterà il disco alla Casa della Musica di Via dei Capitelli 3. Il cantautore racconta che il demone della musica l'ha posseduto da sempre: «Dal '66 ho militato in alcuni gruppi rock cittadini, come i Gattopardi.

Mi sono iscritto al Conservatorio e ho studiato chitarra classica. Poi è scoppiato il '68 e per me l'impegno politico è stato prioritario. Anni di libertà, di gioia, di condivisione e lì mi sono avvicinato alla musica di lotta e popolare triestina: facevo parte del gruppo Il Canzoniere Triestino. Nel '78, ho ricominciato a scrivere canzoni mie, più intime».

Il cantautore triestino Fulvio Bozzetta
Il cantautore triestino Fulvio Bozzetta

E non registrò nulla? «Qualcosa, nello studio di Gigi Castellana, a San Giacomo. Suonavo con lui, Roberto Tomat, Alessandro Vodopivec, Sergio Candotti. Poi la band si è sciolta».

Fino al 2007 ha insegnato matematica. Come mai così distante dalla musica? «Ho insegnato a Borgo San Sergio, al Roli… Lavorare nel disagio di un rione pieno di problemi è stata una bellissima esperienza, amavo molto il mio lavoro. Matematica e musica non sono così distanti.

La matematica ha delle costruzioni astratte che sono di un'estetica molto simile alla musica. E la musica ha una base di matematica nelle frequenze, nelle armonie: amo molto Bach e lui per me è matematica, non in senso rigido ma di espansione della mente. La matematica nella musica mi ha dato un rigore, un gusto per la costruzione e per la logica del pezzo. Certo poi c'è l'emozione».

I suoi ex studenti la seguono? «Venivano ai miei concerti con gli striscioni, ora mi scrivono su Facebook… Qualcuno è diventato musicista, ad esempio Matteo Bognolo».

Perché non ha inciso un disco prima? «In passato per realizzare un cd avrei dovuto rinunciare a delle parti di me, le case discografiche mi chiedevano di scegliere un genere e per me è impossibile perché ogni testo richiede un sound, un ritmo, una musica diversa… dal funk, ad un rock demenziale alle nostalgie del tango, dalla musica popolare alla costruzione sofisticata di armonie, contrappunti e contrasti. Scegliere un genere non era nelle mie corde».

"Metabolismo Lento"? «Era il nome della mia band. I miei ritmi sono questi: calmi, rilassati, tranquilli. Evito lo stress, devo solo vivere la mia vita e fare le mie cose, se piacciono cercare di condividerle. In copertina un bradipo: vive sull'albero e si arrampica lentamente sui rami più alti per difendersi e non va in cerca di grane».

Nelle sue canzoni c'è molta Trieste: il Carso, Cavana…  «"Josko" è dedicata ad un mio amico che amava molto queste terre, il mare, il ballo, il Carso. Trieste è una città che ti strega e t'immobilizza perché hai tutto, tante cose che ti rendono la vita bella».

L'hanno paragonata a Paolo Conte. «Mi piace, ma sento ancor più vicini Dalla, Pino Daniele, Ruggeri, Jannacci».

I temi delle canzoni sono vari quanto gli stili musicali. «Vanno dal nonsense alla poesia, dalla funzione consolatoria per la morte di un amico all'amore, dalla compassione per le sofferenze al disprezzo dell'imbecillità. "Claudine" è ispirata da "Tre donne" di Musil, "Il diritto e il rovescio" è nata da un'idea di Marco Barone, in difesa dei diritti delle coppie omosessuali. In finale "Vuelvo al Sur" di Astor Piazzolla anche se di solito non amo fare cover. Lavoro molto sui testi, li rivedo, li limo. Scrivo quello che sento».

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