Un libro racconta le battaglie di Turoldo, il vichingo di Dio, e degli altri cattolici “ribelli” del secondo dopoguerra

Il lavoro del giornalista Mario Lancisi approfondisce la figura del prete poeta e del movimento di cui era parte

Mario Brandolin
Padre David Maria Turoldo
Padre David Maria Turoldo

TRIESTE È in libreria “David Maria Turoldo. Vita di un poeta ribelle” (edizioni Ts) che il giornalista Mario Lancisi dedica al “Vichingo di Dio”, come veniva chiamato il frate nato a Coderno di Sevegliano nel 1916 e spentosi a Milano nel 1992. Ma non si tratta di un nuova biografia di questo padre servita che tanto ha tuonato nel corso della sua vita contro i mali verso l’umanità che erano sì del suo tempo, ma così drammaticamente presenti anche nel nostro.

Quella che ha scritto Lancisi è invece la storia di un gruppo di uomini di fede e di chiesa, in cui campeggia Turoldo, che negli anni ’50 e ’60 disobbedirono alla Chiesa e alla società del loro tempo in obbedienza al Vangelo di Gesù Cristo. «È la storia – così Lancisi – di Turoldo e dei “folli di Dio”, che soprattutto sull’asse Milano-Firenze incendiarono la Chiesa dell’onnipotenza di papa Pacelli e la società italiana degli anni del dopoguerra: la Ricostruzione, la Costituzione, il 18 aprile, la scomunica del comunismo, l’Italia della “guerra fredda».

E che nel 1954 ebbe uno dei suoi momenti più cruciali, in cui il potere opprimente e asfissiante del cosiddetto “partito romano” - il potente gruppo di destra della Chiesa e della DC che spingeva per realizzare anche in Italia il modello di Stato spagnolo del generale Franco -, fece cadere pesantemente la sua mano sul dissenso cattolico.

Repressione che proprio a Firenze e a Milano, dove operavano personaggi quali Don Milani, Ernesto Balducci, Giorgio La Pira e Turoldo, ebbe i suoi centri più vivaci e fertili, con iniziative culturali, pubblicazioni di riviste, dibattiti, conferenze e frequentatissime aggregazioni di popolo.

Ed è dal 1954 che parte il libro di Lancisi, per focalizzarsi poi sui diversi momenti e aspetti della vita e del magistero di Turoldo. «Perché il 1954 – spiega Lancisi – è l’anno horribilis del progressismo cattolico, con don Milani esiliato a Barbiana, Montini allontanato da Roma, Balducci a Roma e Turoldo a Firenze. Città quest’ultima dove Padre David venne chiamato a far “con-fusione”, a far sentire la sua voce profetica da La Pira». E dove arrivò dopo i due anni di esilio tra Austria e Germania, in seguito al diktat del cardinale Ottaviani, “Quel frate fatelo girare, sennò coagula...”, per il quale fu cacciato da Milano dove per 10 anni aveva testimoniato e lavorato per una Chiesa più autenticamente evangelica.

«Per questo nel mio libro ho voluto cercare di capire, anche attraverso la storia di Turoldo, che l’ha sofferta e tanto sulla sua pelle, che cosa ha significato nella Chiesa del dopoguerra questa destra romana che fino al Concilio Vaticano II ha randellato, represso ogni tentativo di rinnovamento della Chiesa stessa. Destra che, un po’ in ombra dopo gli anni giovannei e di Paolo VI, è ritornata alla ribalta con Papa Woytila, che per inciso Turoldo non amò, e il cardinale Ruini; e torna a farsi sentire anche oggi con gli avversari di papa Bergoglio, con quei circoli cattolici americani ad esempio che appoggiano Trump o con i populisti e sovranisti di casa nostra».

Come anche confermato da Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, in una delle 13 interessanti e inedite testimonianze che corredano la narrazione di Lancisi. «Il quale Riccardi – riporta Lancisi – sostiene che c’è un legame e un nesso molto attuali tra l’ipotesi politica coltivata negli anni ’50 dal “partito romano” (che non c'è più) e il centro oggi alleato con la destra anche ex missina, che di quel partito ha fatto sua l’istanza politica».

Da qui la necessità oggi di riscoprire il valore e il significato della Resistenza, così spesso tradita e così fortemente sostenuta invece da Turoldo. «Per il quale – scrive Lancisi – più che uno spartiacque alla sua vita religiosa e civile, la resistenza, ormai metafisica, deve diventare concezione fondamentale dell’essere cristiano. Tanto più urgente oggi che il fascismo, come diceva Turoldo, non è più un comune partito politico, un semplice partito, ma è addirittura un “sesso”, uno stato fisiologico di cui, se non ne prendiamo atto e non stiamo attenti, possiamo essere tutti contagiati; come anche certa politica della Chiesa. Perciò in questo libro racconto Turoldo con l’intento di scongiurare il rischio che alla morte di papa Bergoglio segua la normalizzazione di una Chiesa oggi in crisi profonda».

Leggendo la storia straordinaria di un manipolo di sacerdoti coraggiosi e visionari, come lo fu Turoldo, il pensiero infatti non può non rivolgersi al presente politico. Il passato che ritorna come spettro. «Ecco perché – conclude Lancisi – occorre andare oltre la biografia di Turoldo. È quello che mi sono sforzato di fare in questa ricerca, attraverso letture, testimonianze e poesie».

Un libro imperdibile, anche perché contrappuntato da testi poetici di Turoldo, bellissimi oltre che di sorprendente attualità. . —

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