Un regalo tra bibliofili che passa di mano

Dietro la genesi del testo un docente  triestino che a sua volta lo ebbe in dono  

la storia



«Ho rinvenuto tra le mie carte questo prezioso omaggio a Saba scritto da un caro amico, Antonio Mercadante, stimato critico d’arte contemporanea, scomparso un anno fa». Inizia così una email giunta in redazione a firma di Andrea Favaro, direttore de “L’Ircocervo”, rivista giuridica on line. Favaro affida al “Piccolo” il breve scritto inedito che ruota attorno ad una valigia che, si dice, appartenne a Umberto Saba. Mercadante scrive nel testo che riproduciamo di avere ricevuto in dono la valigia, utilizzata per il trasporto dei libri e che avrebbe accompagnato Saba nell’ultimo viaggio alla clinica di Gorizia, una trentina di anni fa, da un “maestro e amico” che l’aveva scovata nel retro della libreria antiquaria di via San Nicolò. «Non potrei confermare – aggiunge Favaro – se si tratti di un pretesto letterario o se la vicenda si fondi su fatti reali, come pare invece di capire dal testo». Per scoprire quanto di vero c’è nel racconto di Mercadante bisognava dare un nome allo scopritore misterioso, al “nocchiero”, come con felice espressione lo chiama Favaro, che a suo dire potrebbe essere rintracciato nell’ambiente accademico triestino. La ricerca da noi compiuta ha portato a trovare la conferma delle supposizione di Favaro.

Nella versione del racconto inviata al giornale ci sono degli indizi, che pur non rivelando il nome del possessore della valigia, ci hanno permesso di risalire alla sua identità, che chiede però di non rivelare. È un bibliofilo che è stato cliente della libreria antiquaria e che in occasione dell’acquisto di una serie di opere preziose, ebbe la gradita sorpresa di riceverle contenute proprio nella valigia che fu di Saba. Un gentile omaggio dei Cerne per un cliente affezionato. Il quale a sua volta decise, in seguito, di donarla al critico romano in segno di stima e amicizia. Si comprende perciò come il racconto di Mercadante, oltre che un omaggio a Saba, possa essere letto come un delicato tributo a quello che lui considerava un vero e proprio maestro.

Il quale, quando lesse il testo, chiese a Mercadante, per il riserbo che lo contraddistingue, di espungere ogni riferimento a sé, tanto che il critico riscrisse il racconto nella nuova versione, ritrovata tra i files del suo computer, e così lo proponiamo in queste pagine. Possiamo immaginare la gioia che avrà provato Mercadante ad avere accanto un simile oggetto, appartenuto a un poeta che amava e donatagli da una persona che stimava. Un concentrato di storia e affetti che il critico romano ha tenuto accanto a sé come un talismano fino a seguirlo in Sicilia, quando Mercadante vi si trasferì, nei primi anni Duemila, per svolgere alcune campagne fotografiche ed organizzare una serie di eventi espositivi per i pittori e gli scultori che seguiva. Della valigia, dopo la sua morte, si sono perse le tracce, resta il racconto a legare il poeta, il nocchiero e il critico. —

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