Una poltrona viola per due

Una poltrona viola, ricordo della casa della nonna, campeggia nel centro dello studio. Un oggetto vissuto che dà anche il nome all'atelier. Tutto intorno pennelli, colori, materiale da lavoro. Su una parete i quadri di Nicola Facchini, sull'altra quelli di Eric Gerini. I due giovani artisti triestini dividono da meno di un anno uno spazio in via Ginnastica che prima era un ufficio di collocamento e prima ancora sede di un antiquario e rigattiere. Facchini e Gerini si conoscono dai tempi della scuola, poi si sono ritrovati a studiare insieme a Venezia. «A Opicina frequentavamo la stessa compagnia - dice Nicola Facchini - e qualche anno dopo, per combinazione, abbiamo scelto entrambi di frequentare i corsi di pittura all'Accademia di Belle Arti. Rientrati a Trieste, questo posto ci è piaciuto subito: il nostro intento è quello di fare ricerca e di lavorare, ma qui possiamo tenere anche corsi di disegno».
Le grandi vetrate che danno sulla strada invitano i passanti e i curiosi a sbirciare all'interno dell'atelier dove le tele appese sui muri raccontano tanto dell'immaginario dei due ragazzi, interessati al figurativo ma con un linguaggio personale e incisivo. «Io sto pensando di fare lezioni con l'aerografo - continua Eric Gerini - utilizzandolo per dipingere sulla tela con i colori a olio. La voglia di sperimentare e di approfondire il percorso artistico l'ho acquisito prima a Venezia e poi all'Accademia di Brera, anche se a Milano gli atelier sono davvero sovraffollati e mi hanno deluso. Ciò che invece ho trovato entusiasmante lì è la scena dell'arte, vivace e alternativa, con una media di dodici inaugurazioni di mostre al giorno».
La Poltrona Viola, che è uno studio e non una galleria, apre le porte una volta al mese per mostrare il lavoro dei due artisti, lavoro che si è arricchito con esperienze anche all'estero. «Due anni fa sono stato in Cina - riprende Facchini - invitato per partecipare a un workshop. A parte per la socievolezza e per un modo di fare molto italiano dei cinesi, sono rimasto stupito per il grande interesse generale che c'è per l'arte e per il contemporaneo. A Pechino c'è un intero quartiere, un'ex area industriale riqualificata, grande quanto il centro di Trieste, che è una vera e propria cittadella dell'arte con cinquecento gallerie e grandi atelier per gli artisti, molti stranieri. Lì c'è un autentico culto per tutto ciò che è occidentale e le accademie sono molto selettive, già essere ammessi è un grande passo».
L'importanza della formazione viene sottolineata da entrambi. «All'inizio volevo studiare design industriale - dice Gerini - ma poi ho scelto l'Accademia e ho capito frequentandola che l'arte può essere un lavoro. Abbiamo avuto la fortuna di incontrare due maestri che sono riusciti nell'obiettivo di farci appassionare allo studio dei metodi mettendo l'estro in secondo piano: Carlo Di Raco, carismatico e abilissimo a imporci di restare concentrati sul nostro lavoro, ed Elena Molena, accogliente e pronta a seguire con la stessa attenzione gli sviluppi di ben sessanta allievi».
La preparazione per un quadro Gerini la compie con un'immersione nella documentazione fotografica e nella ricerca di immagini in bianco e nero che servono da ispirazione: il suo tema ricorrente è la guerra con la relativa condanna anche ironica come nella tela "Mimetici" in cui un gruppo di soldati in posa da cecchini con la divisa rosa shocking sembra aver sbagliato colore e scelta di vita. Per Facchini il grande riferimento è sempre stato van Gogh di cui insegue il personalissimo linguaggio con cui riesce a raccontare paesaggi normali rendendoli straordinari: un colonialista che cavalca una zebra, ad esempio, diventa nel suo quadro, grazie a colori da fantascienza, un colonizzatore di altri mondi e la ricerca di trasparenze si intensifica con l'uso della resina per arrivare ad un effetto da visione in 3D senza occhiali. Al momento Facchini prepara anche una serie di maioliche, sculture a forma di ossa, colorate, che alla fine dovrebbero essere un centinaio e che saranno esposte in settembre nella sua mostra personale alla Sala Veruda del Comune.
Accanto al forno per ceramica ecco i ritratti che i due artisti si sono fatti reciprocamente per un concorso indetto dalla National Portrait Gallery di Londra. «I concorsi e i bandi pubblici - riprende Gerini - sono grandi opportunità e vorremmo creare una squadra di artisti per tentare di ottenere delle commissioni per le opere pubbliche, ad esempio per sistemare gli arredi urbani. Il nostro obiettivo è quello di costituire un team a Trieste in grado di supportarsi e collaborare in tal senso. Un po' come abbiamo fatto con i nostri ex compagni di Accademia con cui abbiamo dato vita alla Fondazione Maluta, un gruppo di sessanta artisti, principalmente pittori, che è una rete per restare in contatto, per sostenerci e spronarci, e anche per organizzare mostre: ce ne sono state in Italia e in Europa, a giugno esporremo a Roma, a settembre a Siena».
Ingrediente fondamentale di questa fondazione è l'ironia. E Trieste? Rientrati da poco nella loro città, entrambi pensano che oggi rappresenti un'incubatrice di ciò che è l'ambiente artistico: il fermento dei giovani può fare la differenza.
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