Una star dalla Cina Gong Li alla Mostra è la spia buona di “Saturday Fiction”

L’attrice di “Lanterne rosse” torna sotto i riflettori in un noir  raffinato. E Shannon Murphy debutta con “Babyteeth”
Chinese actress Gong Li signs autographs as she arrives for a premiere of 'Lan Xin Da Ju Yuan(Saturday Fiction) ' during the 76th annual Venice International Film Festival, in Venice, Italy, 04 September 2019. The movie is presented in the official competition 'Venezia 76' at the festival running from 28 August to 07 September. ANSA/CLAUDIO ONORATI
Chinese actress Gong Li signs autographs as she arrives for a premiere of 'Lan Xin Da Ju Yuan(Saturday Fiction) ' during the 76th annual Venice International Film Festival, in Venice, Italy, 04 September 2019. The movie is presented in the official competition 'Venezia 76' at the festival running from 28 August to 07 September. ANSA/CLAUDIO ONORATI



Ancora bellissima e sensuale a cinquantatré anni (e perché no? ), Gong Li torna sotto i riflettori, protagonista del noir “Saturday Fiction” in concorso alla 76. a Mostra del Cinema di Venezia. Una spy-story dai toni melò ambientata nell’inverno del 1941 a Shangai, durante il secondo conflitto mondiale e alla vigilia di Pearl Harbour, quando in Cina, occupata militarmente dai giapponesi, si consuma un conflitto intestino che vede coinvolti i servizi segreti alleati e le potenze dell’Asse. Gong Li, intramontabile sex-symbol degli anni Novanta, interpreta una grande attrice teatrale di rientro in patria dopo un lungo periodo di assenza. Ufficialmente la sua presenza si deve al suo ruolo in una commedia diretta dall’ex amante, Lou Ye. Ma dietro alle apparenze si nasconde un’altra verità: il padre, una spia dell’intelligence americana che l’ha adottata quando è rimasta orfana da bambina, l’ha cresciuta formandola alla vita dell’agente segreto. Usando il suo irriducibile fascino e spesso armata di pistola, Jean Yu (questo il suo nome nel film) indaga in un contesto ambiguo e carico di tensione, cercando di carpire informazioni utili ad anticipare le mosse belliche dell’esercito giapponese.

Le immagini in bianco e nero, sempre in movimento, formano un interminabile carousel in cui non mancano azione, intrigo, mistero. L’attrice cinese, indimenticabile per le interpretazioni in “Lanterne rosse”, “Addio mia concubina” e “Memorie di una geisha”, ricopre un ruolo piuttosto insolito nella sua filmografia: «Ho capito subito che interpretare questo personaggio sarebbe stata una sfida: una donna che nonostante ciò che comporta la sua professione, è anche piena di bontà, capace di esprimere tutto il suo mondo interiore».

Anche un’altra donna domina la scena nella penultima giornata di festival: è la regista australiana Shannon Murphy, che debutta a Venezia con la sua opera prima “Babyteeth”, cancer movie generazionale tratto dall’omonima pièce teatrale di Rita Kalnejais del 2012. Un film sulla vita e la morte scritto in punta di penna e molto ben interpretato da due giovanissimi attori entrambi in pole position per il Premio Mastroianni da assegnare a giovani emergenti. Protagonista una ragazza di nome Milla, capelli rossi, un talento per la musica e la voglia di vivere dei quindici anni. Dietro l’angolo il fantasma della malattia e la chemio, che non manca di far sentire i suoi effetti. Un giorno, alla fermata del treno, Milla (Eliza Scanlen) incontra Moses (Toby Wallace), un punkabbestia sfrontato e seducente che arriva a sconvolgerle la vita. In un primo momento i genitori di lei, uno psichiatra (Ben Mendelsohn) e la moglie ex musicista, nevrotica e dipendente dalle pillole, non gradiscono l’intrusione in casa del nuovo arrivato. Ma qualcosa succede. Le cose cambiano, evolvono. La vita non è ordine, è caos. E in qualche modo la presenza di Moses, tossico e combina guai, ha un ascendente positivo su Milla, che con lui si affaccia all’amore. «Desideravo trovare un linguaggio cinematografico in grado di rispecchiare il particolare tono di irriverenza e sentimentalismo del brillante copione di Rita Kalnejais», spiega Murphy, regista teatrale, cinematografica e di serie tv australiane pluripremiate: «Sono stata ispirata dalla sfida di armonizzare questa dualità di umorismo e dolore in ogni fotogramma del film. L’adolescente si innamora di Moses: lo vede come vede un’opportunità per spingersi oltre i limiti. Mano a mano che ci addentriamo nelle vite dei genitori della ragazza, scopriamo le disfunzioni e le complicate tensioni che li caratterizzano mentre affrontano il loro incubo peggiore. Entrambi vengono così spogliati fino a mettere in luce la loro natura più cruda». —

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