“Virgilio brucia”, il fascino della poesia eterna
Domani al Politeama Rossetti in data unica uno degli spettacoli più emozionanti della compagnia Anagoor

Obbliga a un viaggio nel tempo, "Virgilio brucia", lo spettacolo della compagnia Anagoor in scena domani al Rossetti (unica replica). E con la forza di immagini antiche, ma nitide come fotografie, con le parole e il suono di una lingua morta, sepolta dalle stratificazioni, riporta lo spettatore a una sera di più duemila anni fa. A Roma, nell'estate del 22 a.C.
In quella sera il poeta Virgilio inizia a leggere al futuro imperatore Ottaviano il poema a cui sta lavorando. Quella "Eneide" che ancora oggi - forse non domani - si studia a scuola.
Come in "Socrate, il sopravvissuto", una più recente creazione di Anagoor, vista al Rossetti nella scorsa stagione, un'altra figura dell'immaginario occidentale è al centro di questo spettacolo, creato nel 2014, e ancora vivissimo. Vuoi per l'intensità delle sequenze video, vuoi per il lavoro fisico degli interpreti in scena, vuoi infine per l'intarsio dei materiali e delle lingue che si ascoltano, "Virgilio brucia" resta una delle più belle prove della scena italiana di questi ultimi anni.
«I classici, per noi, sono misura della distanza» spiega Simone Derai, regista del gruppo. «Contrari a ogni forma di attualizzazione, certi che gli antichi non pensavano affatto come pensiamo adesso, noi di Anagoor crediamo che l'antichità sia tanto più interessante quanto più ci rivela la sua distanza. Perché solo così possiamo renderci conto della nostra posizione».
In quella lontana atmosfera estiva, cara a tanti pittori che l'hanno voluta fermare sulla tela, Virgilio declama alla augusta corte i versi del poema. In particolare il secondo libro, dove si narrano la caduta di Troia, l'eccidio della famiglia di Priamo, la fuga di Enea. «Versi fra i più violenti dell'intera storia della letteratura mondiale» aggiunge il regista, che ha scelto di far sentire quelle parole in un latino di sonorità arcaiche.
E prosegue: «Mentre il potere si stava concentrando nelle mani di una sola persona, Virgilio, molto vicino alla famiglia imperiale, aveva promesso di scrivere un poema che cantasse la missione dei romani - reggere un impero senza limite, senza confini - e ne glorificasse le origini divine. Ci lavorò undici anni».
Ma nel momento della prima lettura, ecco che il monumentale lavoro, ancora in costruzione, mostra un diverso risvolto: è il canto dei vinti, degli esuli, della profuganza, scritto un periodo di grandi spostamenti di popolazioni. La capacità che ha Virgilio di far vibrare quelle parole - come le fa vibrare ancora adesso il loro interprete, Marco Menegoni - dovette generare un vero e proprio shock negli astanti. Ottavia, la sorella di Augusto, svenne. Gli altri convenuti, la moglie Livia, Mecenate, il generale Agrippa, rimasero ammutoliti. «Questo momento di ricezione della poesia e dell’arte è diventato un luogo figurativo molto caro ai pittori, sicuramente per la sua carica emotiva».
Emozione, che come una freccia arriva anche agli spettatori di oggi. Anche per il modo in cui quei 40 minuti finali, che sono il cuore pulsante di "Virgilio brucia", vengono preparati da un intrecciarsi di immagini, riferimenti, evocazioni, cortocircuiti del pensiero. C'è una lezione, in una scuola superiore, durante la quale l'insegnante parla delle migrazioni odierne. C'è, in palcoscenico, la raccolta del miele, che cola direttamente dagli alveari. C'è, in video, la nascita di generazioni e generazioni di animali, come nelle "Georgiche", ma destinate oggi al macello industriale. C'è un coro, formato da diverse realtà musicali di Trieste e del territorio, che intona il "Funeral Canticle" di John Taverner. E lingue diverse: l'armeno, il serbo, in cui percepiamo accostarsi "La morte di Virgilio" di Hermann Broch e i "Consigli a un giovane scrittore" di Danilo Kis.
Troppo difficile? «A volte ci capita di presentare i nostri lavori agli studenti - conclude Derai - e usiamo spesso una metafora: quella della scalata in montagna. Il percorso non è facile, ma il panorama che si gode da lassù è meraviglioso».
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