Walter Veltroni: «Amo le vite degli altri e me ne occupo con la scrittura e le immagini»

TRIESTe Un protagonista della scena culturale e politica italiana è in arrivo a Gorizia, ospite del Premio Amidei. Walter Veltroni domani (mercoledì 14 ottobre), alle 18.30, al Kinemax di Gorizia, ritirerà il premio alla cultura cinematografica, quindi, assieme al presidente dell’Anac, Francesco Ranieri Martinotti, sarà al centro di un incontro moderato dal vicedirettore del Piccolo, Alberto Bollis. Nell’occasione, presenterà il suo ultimo libro, “Odiare l’odio” (Rizzoli, pagg. 120, euro 10).
Veltroni, per il cinema non è certo un momento favorevole. Le misure applicate dal Governo sono troppo penalizzanti per le sale?
«Siamo in una situazione di emergenza tale che parlare di misure restrittive sarebbe improprio, ma per fortuna al cinema c’è il distanziamento e c’è l’applicazione di tutte le norme che devono essere messe in atto. C’è da sperare che lo Stato ne sostenga l’industria. Il bisogno di immagini e di storie non è certamente esaurito. Anzi, il lockdown ha aumentato la necessità di produzione culturale. È chiaro però che tutto il mondo dello spettacolo risente della situazione».
L’anno scorso lei ha firmato il suo primo film da regista: “C’è tempo”. Oggi rifarebbe l’esperienza o il periodo di Covid le suggerisce di privilegiare un’altra delle sue attività: la scrittura?
«La regia non è alternativa alla scrittura. Ora ho fatto un film che andrà in onda sulla Rai riguardo la storia delle edizioni straordinarie dei telegiornali e sto scrivendo altro. Quando si ha voglia di interpretare il proprio tempo lo si può fare sia scrivendo sia utilizzando il racconto per immagini: sono due forme della stessa attenzione al presente».
Intende portare avanti entrambe le sue passioni?
«Sì, assolutamente. In fondo, nella mia vita è sempre stato così. Da ragazzo volevo fare il regista, anche se poi, per arrivarci, ho fatto un giro un po’ largo. Ma amo enormemente scrivere come amo raccontare per immagini. Mi piacciono, insomma, le vite degli altri. Me ne sono occupato con l’impegno civile per un certo periodo e da sempre me ne occupo scrivendo, sui giornali, sui libri, o attraverso le immagini».
Il suo ultimo libro, “Odiare l’odio” è uscito in marzo. La pandemia ha acuito la tendenza all’odio?
«La pandemia ha fatto scoprire un’Italia molto generosa, responsabile, solidale, ma, al tempo stesso, rendendo tutto più teso, difficile, esasperando i problemi sociali, ha accentuato il rischio che le parole diventino di odio: l’odio non è un virus, è una malattia sociale che si genera quando la società, in momenti come questo, entra in crisi. Va aggiunto l’effetto dei social network per creare una tale combustione che, tuttavia, riguarda una minoranza: la maggioranza degli italiani non odia. La gente è molto migliore di come viene spesso rappresentata».
Domani lei incontrerà anche i sindaci di Gorizia e Nova Gorica, città che, congiuntamente, concorrono al titolo di Capitale Europea della Cultura 2025…
«Mi sembra una bella idea. Tutto ciò che va nelle direzione di esaltare l’incontro, le diversità va nella direzione giusta».
Lei è anche un attento conoscitore degli Usa. Le elezioni si stanno avvicinando. Che esito prevede?
«Voterei Biden, senza alcun dubbio. Si è pagato un prezzo molto elevato a una suggestione populista o neonazionalista e credo che anche la gestione della pandemia da parte del governo americano ne sia una testimonianza. Quello che temo è che Trump possa non riconoscere l’esito del voto, creando una situazione di difficoltà per la democrazia che in questo momento può essere molto pericolosa per tutto il mondo». —
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