Fine vita, Martina Oppelli è stata cremata: le ceneri sparse in Svizzera
Per la triestina, malata di sclerosi multipla, si è concluso così, in base alle ultime volontà, il viaggio in terra elvetica dove ha potuto ricevere il suicidio assistito

Non voleva tornare in Italia e non voleva che ci tornassero neppure le sue ceneri: quel che resta di lei non lascerà più la Svizzera, la terra che l’aveva accolta per l’ultima tappa del suo viaggio e che le ha regalato finalmente il sollievo tanto agognato.
Martina Oppelli è stata cremata sabato pomeriggio e le sue ceneri sparse sul suolo elvetico. Era questa la volontà della 50enne triestina, malata di sclerosi multipla da quando ne aveva 28 e che aveva chiesto l’accesso al suicidio medicalmente assistito, per tre volte negato.
Solo in Svizzera Martina ha potuto ricevere quella «morte dignitosa» che aveva fermamente desiderato e che l’Italia non le ha concesso. «Anche solo raggiungere l’ospedale è una tortura, nelle vetture tutti i dolori vengono shakerati in un unico dolore», aveva spiegato Martina in una lettera al Piccolo e dalle sue parole si può provare a immaginare la sofferenza a cui sapeva di andare incontro decidendo di affrontare il viaggio verso la Svizzera. Ormai quasi completamente paralizzata, era in grado di muovere la bocca e, solo parzialmente, la testa. Il degenerare della malattia avrebbe rischiato di portarle via anche quelle restanti, minime capacità.
E solo ora si comprende nella sua pienezza il senso di quell’intendimento, «non voglio tornare indietro», che aveva condiviso con le persone a lei più vicine nell’intraprendere il viaggio verso la clinica di Pfäffikon, nei pressi di Zurigo, in cui si è spenta.
Martina aveva deciso che nulla di lei sarebbe tornato in quell’Italia dove le istituzioni non erano state in grado, per anni, di darle il supporto che chiedeva. Martina che si è sentita trattata in modo inumano e degradante nel suo paese, al punto da decidere, prima di morire, di denunciare per la seconda volta l’Azienda sanitaria giuliano isontina per tortura, oltre che per rifiuto di atti d’ufficio.
Così, le montagne, i laghi, i verdi prati della Svizzera, che l’avevano estasiata durante il sofferto tragitto da Trieste, resteranno per sempre la sua ultima dimora: quei luoghi su cui si era posato il suo sguardo mentre si avviava, consapevole, verso la fine. Verso quella che vedeva come la liberazione.
Ma l’occasione per salutare e riabbracciare idealmente Martina nella sua Trieste ci sarà. Un ritrovo che non avrà tutti i crismi della cerimonia religiosa, ma in cui non mancherà la spiritualità.
Lei la desiderava così: chi verrà sarà invitato a vestirsi di fucsia e non di nero e a non portare fiori, ma bevande alcoliche. Del resto durante il viaggio verso la Svizzera indossava una maglietta con scritto “Musica, gin tonic e vista mare”. E ci sarà anche la musica, certo, a cominciare da “La vita com’è” di Max Gazzè.
La data del brindisi per Martina è ancora da fissare. —
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