Omicidio di Muggia, la madre resta in silenzio di fronte al giudice
La donna è comparsa in aula per l’interrogatorio di garanzia davanti al gip e si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Il suo avvocato ha chiesto una perizia psichiatrica

Sguardo basso, coda di cavallo, occhiali infilati in testa, passo veloce. Entra in aula scortata da due agenti della Polizia penitenziaria. E resta in silenzio davanti al giudice. È durato poco più di venti minuti l’interrogatorio di garanzia di Olena Stasiuk, la madre accusata di omicidio volontario pluriaggravato. Giusto il tempo di sbrigare le formalità di rito e poi la 55enne che la sera del 12 novembre ha ucciso il figlio a coltellate, ha ripercorso lo stesso corridoio per fare ritorno in ospedale, dove è piantonata h24.
Cinque ore prima Muggia si era fermata per l’addio a Giovanni Trame, quel figlio di 9 anni che lei ha ucciso a coltellate la sera del 12 novembre, nel bagno di casa. Ma Stasiuk non sa del funerale. E, stando a quanto avrebbe detto allo psichiatra incaricato dal gip, non sarebbe neppure consapevole dell’esito tragico dell’aggressione.
«Giovanni è al Burlo» avrebbe detto, lasciando intendere, nel suo delirio, che lo crede ancora vivo. Interrogata dal pm la notte stessa dell’omicidio, ha ammesso di averlo accoltellato: «Sì, l’ho colpito». Sulle motivazioni aveva dato risposte farneticanti, sottolineando che «Giovanni era bugiardo».
Martedì pomeriggio la donna è comparsa davanti al gip Francesco Antoni per l’interrogatorio di garanzia, alla presenza del pm Alessandro Perogio, che ha in mano il fascicolo. La 55enne, originaria dell’Ucraina, si è avvalsa della facoltà di non rispondere, su consiglio del suo difensore di fiducia, l’avvocata Chiara Valente. Un suggerimento dettato dalla «delicatezza della situazione processuale, personale e clinica della signora», specifica la legale.
Due le richieste avanzate dall’avvocata, su cui il gip scioglierà la riserva nelle prossime ore. La prima consiste in una perizia psichiatrica, come Valente aveva già preannunciato durante l’udienza di convalida, che si era svolta due giorni dopo il fermo. Lo scopo della perizia, da eseguire in incidente probatorio, per accertare se l’indagata fosse capace di intendere e volere al momento del fatto e se sia in grado di partecipare coscientemente al procedimento penale a suo carico.
La seconda istanza riguarda invece la custodia cautelare in un luogo di cura. «Ho chiesto che venga mantenuta presso l’attuale struttura (ospedale, ndr) oppure che si provveda al trasferimento in un’altra struttura idonea, che sia in grado di accoglierla vista la sua particolare situazione», afferma Valente uscendo dall’aula.
Una richiesta avanzata alla luce dell’incompatibilità carceraria emersa dalla perizia medico-psichiatrica firmata dal dottor Lucio Di Gennaro e commissionata dal gip. Allo psichiatra era stato affidato l’incarico di stabilire se la donna fosse compatibile o meno con il carcere, visti i suoi disturbi psichici e lo scompenso avuto dopo il delitto, tanto da renderne necessario il ricovero. Il perito ha dato parere negativo: Stasiuk è incompatibile con il carcere perché potrebbe compiere gesti estremi. C’è il timore di possibili azioni autolesionistiche, anche gravi, nel momento in cui prenderà piena coscienza del delitto.
Il nodo adesso riguarda il luogo in cui sottoporla alla custodia cautelare. In queste due settimane è rimasta in ospedale, piantonata giorno e notte dalla Polizia penitenziaria. Le esigenze cautelari ravvisate dal gip, nella sua ordinanza, riguardano il pericolo di fuga e di reiterazione del reato. Detto in altri termini: c’è il rischio che la donna scappi e che possa uccidere ancora, in particolare qualche altro familiare. Primo fra tutti il marito, in passato già bersaglio di minacce di morte nel corso della battaglia civile per l’affidamento del piccolo Giovanni. Un braccio di ferro scattato dopo la separazione e che si trascinava ormai da 8 anni. Fino al brutale omicidio.
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