Bebe Vio e la voce del Nord Est: "Il mio urlo è un invito a sognare"

Il racconto della campionessa: «Ricordo ancora quando mio papà ritagliava i pezzi dei giornali locali dopo le mie vittorie»

Beatrice Vio Grandis

Sono nata a Venezia il 4 marzo 1997 ed insieme alla mia famiglia vivevamo a Mogliano Veneto. I nostri genitori abitano ancora lì ma ormai da diversi anni i miei fratelli ed io siamo andati via di casa. Il nostro fratellone Nicolò a Mestre, la “piccola” Maria Sole a Milano, per studiare alla Cattolica, ed io a Roma.

Da piccola ero sempre molto agitata e non riuscivo a stare mai ferma. Per me ogni occasione era buona per fare una gara. A scuola, agli scout, con gli amici e, ovviamente, quando facevo sport.

Iniziai a quattro anni con la ginnastica artistica ma l’anno successivo scoprii la scherma per sbaglio e fu amore a prima vista. Un amore profondo, fortissimo e decisamente duraturo…

Fin dai primi anni mi gasavo e mi divertivo tantissimo alle gare e dopo ogni medaglia, tornando a casa con la mia famiglia, mi addormentavo stanchissima sul sedile posteriore e sognavo.

Avevo in testa un solo obbiettivo… andare alle Olimpiadi!

Dopo ogni gara mio padre si gasava andando a leggere i primi articoli che uscivano su di me sui giornali locali. Il primo a scrivere un pezzo su di me fu proprio La Tribuna di Treviso, all’indomani di una gara provinciale, ma da quel giorno ne sono usciti tanti altri… Le palestre e i palazzetti dello sport del mio Nord Est posso dire di conoscerli bene.

A undici anni ebbi un “incidente di percorso” e dovetti un po’ cambiare i miei programmi. Non potevo più tirare in piedi, ma da seduta, una situazione che però non mi piaceva, perché mi faceva sentire una disabile.

Ma poi mi hanno fatto provare a tirare su una carrozzina da scherma ed è stato di nuovo amore…

Una nuova passione, forte, tecnicamente molto più difficile ma emozionalmente travolgente. Avevo scoperto un nuovo sport. Ed un nuovo mondo.

A quel punto cominciai a focalizzarmi su un nuovo sogno: volevo andare alle Paralimpiadi!

Le prime che conobbi dal vero furono le Paralimpiadi di Londra 2012, per noi una esperienza pazzesca ed una grande fonte di ispirazione. All’epoca avevo 15 anni, ero diventata disabile tre anni prima ma da due ero una fiera atleta paralimpica.

Sognavo di partecipare alle gare, ma essendo ancora troppo giovane, riuscii ad andare a Londra in altre versioni, come tedofora, nel giorno dell’inaugurazione dei Giochi, e poi come giornalista televisiva con una striscia quotidiana, raccontando la città londinese durante i Giochi.

Fu tutto straordinario. La città, le competizioni, la tantissima gente che affollava il Parco Olimpico e tutti i palazzetti delle gare.

Il claim dei Giochi fu “Inspire a generation” e devo dire che funzionò alla grande, perché noi tornammo in Italia profondamente ispirati da quella esperienza.

Allora capimmo a pieno l’importanza dello sport quale mezzo di inclusione. La partecipazione emotiva che si crea e si sente partecipando o assistendo ad un evento sportivo è totale. E non importa se stiamo guardando le Olimpiadi o i Mondiali o la partita di un torneo minore dove gioca un figlio o un caro amico, lo sport è sport, e piace ed emoziona tutti, a prescindere.

E fu così che iniziammo a promuovere il mondo paralimpico, attraverso le attività della nostra Associazione art4sport Onlus, che ha la sua base operativa proprio a Mogliano. Perché capimmo la forza straordinaria che sprigionano gli atleti paralimpici durante le competizioni. Semplicemente perché non ti aspetteresti mai che un atleta in carrozzina, o magari non vedente o con amputazioni di arto possa esprimere un agonismo a quel livello.

Magari facendoti ammirare gesti atletici che ti lasciano a bocca aperta. Quando ho vinto il mio primo oro, a Rio de Janeiro nel 2016, mi sono tolta la maschera e sono scoppiata in un urlo. C’entrano la tensione e la gioia del momento, naturalmente, ma forse quell’urlo liberatorio ha dato voce a tanti atleti che sono soliti faticare giorno dopo giorno in silenzio, per dare vita ai loro sogni.

Da quei tempi il livello dello sport paralimpico ha iniziato a crescere in maniera esponenziale. Il numero degli atleti sta aumentando di anno in anno e sono sempre di più i bambini con disabilità che finalmente iniziano a praticare attività sportiva.

Dalla sua sede di Mogliano, la nostra Associazione art4sport Onlus segue ormai quasi 50 bambini e ragazzi in tutta Italia, fornendo a loro gli ausili che gli servono per praticare attività sportiva. Protesi, carrozzine sportive e ausili di ogni genere per far sì che questi bambini con disabilità possano praticare sport, perché “purtroppo” lo Stato non fornisce questo genere di ausili ed i costi sono veramente proibitivi per una famiglia normale.

Sono passati ormai molti anni da quando iniziammo l’avventura all’interno di questo incredibile mondo della disabilità e dello sport paralimpico, arrivando a raggiungere mete allora probabilmente impensabili, in Italia e all’estero. Ed ora che mi sono fermata un attimo a pensarci, ripenso con grande tenerezza ed orgoglio i nostri primi passi, fatti insieme a tanti amici di Mogliano, ed a quei primi pezzi sui giornali che, probabilmente, mio padre custodisce ancora gelosamente.

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