Caporalato in Friuli Venezia Giulia, allarme dei sindacati. Centinaia le vertenze nei campi della regione

Tra i più esposti al rischio i migranti provenienti dalla Rotta balcanica. Convocato per la prima volta il tavolo di monitoraggio a Trieste

Valeria Pace
Lavoratori agricoli migranti impegnati nella vendemmia
Lavoratori agricoli migranti impegnati nella vendemmia

Anche nei campi del Friuli Venezia Giulia ci sono migranti che lavorano per cinque euro l’ora o meno, sotto minaccia di violenza da parte di caporali.

Si tratta spesso di ragazzi arrivati in Italia tramite la Rotta balcanica, richiedenti asilo che non conoscono l’italiano e si fidano di connazionali malintenzionati. Altre volte sono stranieri che arrivano nel Paese legalmente, tramite le quote stabilite per i flussi migratori, che poi una volta qui scoprono che l’azienda per cui dovevano lavorare è fallita o non li vuole regolarizzare. Diventano così illegali, ma devono spesso ripagare gli ingenti debiti che hanno permesso loro di affrontare il viaggio e accettano condizioni di lavoro “grigie”, dove vengono assunti in chiaro «per due giorni al mese, ma poi ne lavorano 30», condizioni che sono «ormai la normalità nei nostri campi», afferma Dina Sovran, segretaria del Flai Cgil di Pordenone.

Osservatorio sul caporalato in Fvg, Rosolen: “Così i soggetti coinvolti possono contrastarlo insieme”
L'assessore regionale Alessia Rosolen

La nazionalità più esposta a questo tipo di sfruttamento è quella pachistana, e le realtà da attenzionare, secondo i sindacati, sono le aziende agricole senza terra, partite Iva che agiscono come procacciatori di personale che hanno soprattutto sede legale a Udine e Pordenone, o in altre regioni d’Italia. Tra gli occupati di queste «oltre 200 realtà in regione» ci sono «oltre 2.100 persone di nazionalità pachistana», racconta Stefano Gobbo, segretario Fai Cisl. E Pierpaolo Guerra della Uila ha indicato un programma in quattro punti per arginare questa piaga.

Sono centinaia e centinaia le vertenze individuali che le sigle hanno curato sul tema, tra 400 e 500 solo dalla Fai Cisl e la Flai Cgil ha seguito 47 ragazzi a Pordenone nel 2021 che hanno denunciato due caporali, un caso per la sua rilevanza numerica unico in Europa. Anche se, specifica Guerra, «le aziende friulane sono sane, e sono i datori di lavoro i primi a preoccuparsi di questo fenomeno».

Le rappresentanze sindacali hanno esposto questo quadro al primo tavolo regionale sul caporalato, ospitato nella sede della Regione Friuli Venezia Giulia dall’assessore regionale al Lavoro, Alessia Rosolen, e coordinato dal prefetto di Trieste Giuseppe Petronzi, che ha assicurato che da ora in poi il tavolo sarà convocato a «cadenza periodica presso la Prefettura» e il fenomeno sarà oggetto di monitoraggio attento.

Il coinvolgimento della Regione nasce da un emendamento di Furio Honsell (Open) all’assestamento di Bilancio di luglio non concordato con l’assessore Rosolen, votato per errore dalla maggioranza. L’emendamento chiedeva l’istituzione di un osservatorio regionale sul fenomeno e prevedeva la dotazione finanziaria di 60 mila euro. Fondi che Rosolen ha confermato anche per il 2026, affidando però «dal giorno successivo dell’approvazione della norma in Consiglio regionale» la regia alla Prefettura, in quanto «la Regione non ha competenze in questo ambito», ma raccoglie alcuni dati che possono diventare interessanti se incrociati con dati Inps e Inail, «cosa che può fare solo la Prefettura». Le risorse regionali saranno stanziate a favore del tavolo prefettizio. Honsell si è detto soddisfatto per la convocazione del tavolo e «interessato a capire come tradurre in ulteriori azioni legislative ciò che il tavolo indica».

Le richieste dei sindacati al tavolo sono quelle di dare piena attuazione alla legge 199 del 2016 che è stata costruita per rispondere al problema del caporalato. In particolare, dando vita alle sezioni territoriali della rete del lavoro agricolo di qualità, un modo per censire le aziende virtuose.

Inoltre, la Uila chiede di mettere in comune le banche dati di Inps, Inail, Agea, e agenzia dell’entrate «per realizzare una mappatura trasparente del settore agricolo regionale», che l’Inps abbia una sezione apposita per controlli sulle aziende agricole senza terra e che le ispezioni pubbliche vengano rafforzate. La Flai Cgil chiede anche l’istituzione di un albo delle aziende agricole senza terra. —

 

Riproduzione riservata © Il Piccolo