Gio Evan a Book week Gorizia con le “persone medicina”

Lo scrittore presenta il suo nuovo romanzo domenica 6 luglio in piazza Sant’Antonio a Gorizia, nell’ambito della rassegna organizzata dal gruppo Nem e Il Piccolo con il sostegno del Comune

Margherita Reguitti

Un romanzo di iniziazione, di relazioni fra generazioni, fra una nonna, Adele, custode della bellezza e sapienza del bosco, e un bambino di città, Marelargo, malato di ipersensibilità. Due fra i protagonisti, delicati e forti, poetici e complici, del nuovo romanzo di Gio Evan dal titolo “Le chiamava persone medicina” (Rizzoli, 192 pagine, 16,90 euro), ospite domenica 6 alle 21 a Gorizia in piazza Sant’Antonio dell’ultimo appuntamento del calendario della rassegna letteraria Book Week Gorizia Capitale, promossa dal gruppo Nem e Il Piccolo con il sostegno del Comune nell’ambito delle manifestazioni per la Capitale europea della Cultura.

Chi sono le persone medicina, dove le incontriamo, come le riconosciamo?

«Le incontriamo attorno a noi, se le vogliamo riconoscere. Sono le persone che non tolgono energia, non si lamentano, hanno un’attitudine che ci fa sentire bene, creano affinità. Sono l’opposto dei vampiri energetici che succhiano linfa vitale e spolpano, fanno gossip e creano relazioni tossiche parlando male di altri, denigrando tutto e tutti. Ci ricordano che c’è bellezza attorno a noi da vedere e cogliere e che per cambiare serve lavorare sull’accoglienza dell’altro».

Gio Evan è un nome che ha un’origine lontana e non è semplicemente un nome d’arte. Quale è la sua origine?

«Esatto, è il nome che la vita mi ha consegnato attraverso il battesimo di un curandero sudamericano incontrato in lunghi lontani alla ricerca della ricetta per essere libero di esprimere se stesso, senza sentirmi dunque sbagliato perché diverso dagli altri nel mio luogo di nascita»

Poeta, scrittore, cantautore, performer, artista di strada c’è una gerarchia di sentimento in questi tanti talenti?

Mi sento soprattutto un cerimoniere assimilabile a un monaco, educato dagli sciamani e questa esperienza di viaggio mi ha portato a un cambiamento esistenziale. Da lì è scaturito un pensiero che ha dato vita poi alla poesia, alle canzoni, e ancora alla scrittura che non è solo condivisione ma anche cura. Tutti strumenti espressivi per rivendicare il diritto di essere».

Che cosa è la scrittura per Gio Evan?

La scrittura è una vocazione nel cammino dell’artista verso un percorso di spiritualità che abbia anche una componente di spiritosità da condividere con il pubblico che ascolta le mie canzoni, partecipa agli spettacoli e le mie poesie e romanzi. Nell’ultimo brano, vivace, sorprendente, lieve e pieno di significati dal titolo “Spirito guida”, uscito da pochi giorni, il viaggio è fra i protagonisti. Il viaggio è un’azione potente, chi non viaggia diventa razzista, il viaggiatore conosce la storia, ma le parole del testo sono anche un inno alla leggerezza e all’ironia dopo un cammino spirituale “severo” dal quale è nato un ritmo di vita rigoroso, con sveglia alle 5 e dieta di frutta e verdura o digiuno. Voglio essere spirituale e lieve e viceversa. Questa è la mia partecipazione alla vita. Per questo nel brano ci sono anche Santa Rita da Cascia e Pippi Calzelunghe. Il tutto perché sono un artista e in mezzo alla gente serve divertimento e comicità».

A chi dedica il brano?

«È un singolo dedicato ai bambini, all’innocenza, una canzone che invita alla gioiosità perché credo che sia l’energia più pulita che possiamo donare alla vita, alla terra, ai nostri dintorni. Deliziosa e delicata la copertina di “Le chiamava persone medicina”, in un formato da portare con sé, tascabile, adatto a viaggiare con il lettore, la lettrice. .. È un romanzo che ha riferimenti autobiografici nei passaggi-consegna di conoscenze ed emozioni. Adele è una persona che è esistita, non più in terra ma è presente energeticamente. Non è stata la mia nonna biologica ma elettiva in prestito dal mio migliore amico. Io credo nella famiglia che incontri, che la vita ti dà. Adele mi ha fatto vedere l’alba nell’imbrunire e che c’è un invisibile da rispettare».

Marelargo è convinto di essere nato con la pelle difettosa, troppo fina?

«Proprio così, sembra che il mondo lo attraversi. La sua unica amica, Isabella, dice che i suoi undici anni li porta davvero male, manca di gioco, ha pensieri in formato adulto. Adele invece parla con la montagna? Lei, come gli sciamani conosce la madrelingua silenzio, il dialetto della natura, si intende con gli alberi, gli animali le parlano, è un sintonia perfetta con il tutto».

Lei è popolarissimo sui social, cosa ne pensa?

«Mi ci trovo bene, mi piacciono e li vorrei sempre più liberi e vivaci anche se non posso non riscontrare che rispecchiamo quello che siamo. Quindi le persone bene o male-educate stanno sia fuori che dentro. Sbagliati sono i media che enfatizzano il male a discapito della benevolenza, non raccontano il bene che c’è perché non fa notizia».

Questa la sua prima volta qui; perché ha scelto di essere a Book Week Gorizia Capitale?

«Ho scelto di partecipare a manifestazioni che emanano “intelletto e pensiero”, non vedo confini, vedo terra, complicità di anime in cerca di bellezza a chilometro zero. —

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