Valle dell’Idrogeno, ecco i dubbi delle opposizioni su costi e stoccaggio e le risposte dei tecnici
Le audizioni richieste dal dem Pozzo: «Servono azioni concrete». La civica Massolino: «Perplessità su batterie e consumo d’acqua»

TRIESTE Nessuna preclusione, ma «diversi dubbi», in particolare su stoccaggio e trasporto dell’idrogeno, sicurezza e costi. Sono i motivi che hanno spinto le opposizioni a chiedere chiarimenti sul progetto della Valle dell’idrogeno del Nord Adriatico, in particolare il consigliere del Pd Massimiliano Pozzo, primo firmatario della richiesta di audizioni in seconda commissione, presieduta da Markus Maurmair (FdI). «L’idrogeno ha caratteristiche positive e potenzialità applicative - ha sottolineato il dem -. Riteniamo che questo progetto possa essere importante, ma chiediamo se porterà a raggiungere obiettivi concreti o se sarà solo una sperimentazione. Servono azioni concrete».
A rispondere, sul fronte strategico e politico sono stati i tre assessori regionali coinvolti nel progetto, Alessia Rosolen, Sergio Emidio Bini e Fabio Scoccimarro, rispettivamente titolari di Lavoro e ricerca, Attività produttive e Ambiente. Sul piano tecnico, invece, ieri in Aula la parola è passata agli addetti ai lavori, i rappresentanti dei soggetti pubblici e privati che stanno lavorando al progetto della Nahv-North Adriatic hydrogen valley: enti di ricerca, consorzi, categorie, imprese. Il primo a intervenire, Rodolfo Taccani, referente dell’Università di Trieste, che sul piano scientifico coordina il progetto. «Si prevede - ha spiegato il docente - lo stoccaggio, il trasporto e l’utilizzo dell’idrogeno nei settori in cui nell’immediato l’elettrificazione non può darci un contributo importante. Un esempio è la produzione di acciaio, ma anche quella di cemento e il settore dei trasporti ad alta intensità energetica: si fa fatica a immaginare batterie elettriche in camion che viaggiano per 8-10 ore al giorno». Prospettive condivise da Lorenzo Campagna, delle acciaierie Bertoli-Safau (gruppo Danieli), che ha affermato che «rinunciare a carbonio e metano in alcuni dei nostri processi è quasi impossibile, dunque siamo interessati a valutare le opportunità offerte dall’idrogeno verde». Sollecitata in particolare da Furio Honsell (Open Sinistra Fvg) a spiegare la scelta di investimento da parte di AcegasApsAmga, Maria Mazzurco si è detta convinta che «nessuno pensa che l’idrogeno sia una soluzione per tutto e che la strada, dalla partenza al traguardo, sia facile, dritta e scontata, ma questo progetto parte con l’approccio di sistema giusto, perché l’Europa per prima punta sull’idrogeno».
Ampio il dibattito sui costi, oggi molto alti, dell’idrogeno, sui quali si sono soffermati diversi consiglieri (ad esempio il dem Andrea Carli), ottenendo in risposta, sia dall’assessore Rosolen che da alcuni dei tecnici presenti che, «sì, i costi oggi sono alti, com’è normale quando una filiera nuova si sviluppa e fino a quando non si inizia a spingere sul piano commerciale», ma è anche vero che «nessuno sa quanto costerà la benzina al litro tra dieci anni, forse molto più di oggi».
Numerosi gli interventi e le risposte, che però non hanno del tutto convinto la civica Giulia Massolino, che già negli scorsi giorni aveva depositato un’interrogazione sugli autobus a idrogeno acquistati in regione. «L’audizione ha finalmente aperto il dibattito su un tema rimasto fino ad oggi oscuro - le parole della consigliera -. Abbiamo ascoltato con interesse i dati e le prospettive riportati dalla comunità scientifica e dai rappresentanti dell’industria intervenuti, ma le perplessità in merito al progetto restano molto forti. Bisogna fare attenzione a non prospettare l’idrogeno come una soluzione miracolosa e priva di rischi ai problemi di approvvigionamento energetico, al solo scopo di evitare di porre in discussione i nostri modelli di produzione e consumo. La transizione energetica non deve mettere al centro gli interessi privati di aziende legate all’economia dei combustibili fossili. Se l’idrogeno può avere un suo senso nei settori hard-to-abate, come i grandi impianti industriali, la prospettiva del suo utilizzo per la mobilità, e addirittura per la micromobilità, sembra decisamente poco sostenibile. Molti rimangono i dubbi, condivisi dalla comunità scientifica, sull’efficienza di questo vettore a fronte delle già esistenti batterie di accumulo, così come sul consumo d’acqua e sulle problematiche relative allo stoccaggio e alla distribuzione». La pentastellata Rosaria Capozzi, per la quale «l’Hydrogen valley dà un importante segnale sul fronte della cooperazione internazionale», ha riflettuto sull’elettrificazione delle banchine portuali.
Tra i banchi della maggioranza il leghista Alberto Budai non ha nascosto qualche perplessità: «L’investimento nell’idrogeno è importante per il futuro della nostra regione, genera occupazione e opportunità di crescita, ma - ha detto - per la produzione serve un’ingente quantità di energia. Per farlo non possiamo rischiare di occupare i terreni con pannelli fotovoltaici, penalizzando il mondo agricolo». Per il forzista Roberto Novelli invece «investire nell’idrogeno significa imboccare un percorso lungimirante, all’insegna della sostenibilità ambientale e coerente con i principi della transizione ecologica. E, aspetto non secondario, anche competitivo sotto il profilo economico, non nell’immediato, forse, ma in prospettiva».
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