Barcolana 57, noi tiferemo per la barca delle 17.30
Alla Barcolana, la regata più bella, popolare e affollata del mondo, si vince anche perdendo

Alla Barcolana, la regata più bella, popolare e affollata del mondo, si vince anche perdendo. E non è un ossimoro: è un regolamento.
Domani a Trieste, mentre i primi taglieranno il traguardo in poco più di un’ora, ci sarà chi — attrezzato di pazienza, di una moka e di molti altri generi alimentari e bevande a bordo — studierà la rotta perfetta per arrivare dopo. Molto dopo. Ma non troppo dopo. Perché la Barcolana assegna un trofeo anche all’ultimo, e non è simbolico: ha la stessa grandezza di quello del vincitore. Lo hanno chiamato per anni Premio Cagoia, “lumaca” in dialetto.
È l’Oscar dell’inerzia. Come gli antichi sprinter nei velodromi, che si piazzavano in surplace, cioè immobili sulla bici, come se qualcuno avesse premuto il tasto pausa, nell’intento di far passare avanti il rivale e poi, da dietro, batterlo meglio. Ecco. Solo che qui non si riparte e non si vuole superare più nessuno.
C’è chi finge un’avaria, chi “sbaglia” rotta e soprattutto chi trova il tempo di scolare la pasta. La filosofia del ritardo deliberato. (Non è forse questo un segreto della felicità?).
Però bisogna arrivare entro le cinque e mezza. Dopo non vale. Devi completare comunque il percorso, nei tempi ammessi. Quindi avrai battuto i ritirati, i dispersi, i naufraghi morali. L’ultimo tiene aperta la festa, come quando un bar non abbassa la serranda perché “magari un altro cliente arriva”. Il vento di Trieste spinge chi è in testa e accarezza chi è in coda: anche chiudere la classifica è un’arte. Qualcuno, nella vita, anche in questo tempo di esasperata competizione, deve pure avere il coraggio di chiudere la fila.
Domenica faremo il tifo per te, la barca delle 17.30 —
Riproduzione riservata © Il Piccolo