Per la Pallacanestro di Trieste una scommessa chiamata Europa

La Palla di Cristallo mi sussurra che esaminare di martedì le sconfitte della domenica lascia il tempo che trova e preferisce - come da contratto - guardare avanti

Giovanni Marzini
Giovanni Marzini
Giovanni Marzini

Nella domenica della Bavisela la Trieste del basket non vuole andare di corsa e si iscrive alla Family Run.

La “famiglia” biancorossa sceglie una camminata con passeggini al seguito, come han fatto migliaia di concittadini a Barcola, sotto il sole di primavera che baciava i loro volti felici.

Crisi di appagamento dopo la certificazione dei play-off? Pausa di riflessione prima di ricaricarsi per lo sprint finale? Approccio soft nel clima di festa (e non di battaglia) che si respirava in quel di Masnago, con troppa aria di casa per tanti ex amati quando vestivano gli stessi colori che accomunano Trieste e Varese?

La Palla mi sussurra che esaminare di martedì le sconfitte della domenica lascia il tempo che trova e preferisce - come da contratto - guardare avanti. E allora, parlando di futuro, prendiamo nota che al ritmo di un rinnovo contrattuale a settimana, Michael Arcieri (con l’ok di Paul Matiasic) il domani della PallTrieste lo sta disegnando con grande anticipo rispetto alle nostre passate abitudini. E questa, in tempi di Conclave, è “cosa buona e giusta”.

Sulle fondamenta costruite proprio in quel di Varese, l’usato sicuro si rimodella per la Trieste del 2026 ed aspetta gli inevitabili ritocchi per un roster ormai disegnato per tre quarti nella sua lunghezza. E se da un lato la creatura plasmata da Christian conferma di essere in grado di battere chiunque, salvo poi fermarsi anche contro un “chiunque” di livello inferiore (Varese resta l’inciampo-eccezione che conferma la regola…), adesso è legittimo chiedersi cosa possa mancare al futuro roster biancorosso per affrontare con solidità quella che è al momento la grande scommessa della società: una coppa europea, che porti il nome di Trieste fuori dai confini nazionali e dai campanili di derby conosciuti e oggi ritrovati.

Una scommessa che nasconde grossi rischi, non lo scopriamo certo noi e che un manager navigato come Arcieri conosce bene.

Per questo ha iniziato con largo anticipo la costruzione di una squadra che non potrà certo fermarsi a dodici elementi da schierare tra campo e panchina ogni tre/quattro giorni. Lo attende un lavoro che poggia su una prima grande certezza: il tipo di gioco da dare a Trieste.

Sarà inevitabilmente quello sperimentato a Varese nella stagione del 110 all’ora e del Ross mvp di quel campionato. Non a caso i rumors che davano la conferma di un coach USA dopo la scelta del “ritorno a casa” di Jamion, indicano in Matt Brase il possibile nuovo usato sicuro che Arcieri vorrebbe per guidare Trieste in giro per l’Europa.

Un Europa da conquistare domenica prossima ancora lontano da casa, tanto per abituarsi.

Dovesse andar tutto bene, potremo finalmente brindare, ma non con bottigliette d’acqua… Questa è una promessa! —

 

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