De Falco: «Giovani sì, ma servono verità e competenza. Trieste si unirà se la società sarà trasparente»
L’ex dirigente dell’Unione commenta il possibile rilancio sui giovani: «Delli Carri ha l’esperienza, ma serve tempo e chiarezza». E sulla Serie C: «Un sistema che non regge, ma Trieste resta una piazza ambita»

In tema di giovani Totò De Falco ha maturato sul campo, o meglio dalla scrivania, anni di esperienza, con l’occhio arguto di chi invece in passato in campo, da giocatore, come Re Mida trasformava tutto in oro. Anche come dirigente a Totò l’occhio raramente ha fatto difetto. La pista percorribile della futura Triestina di appellarsi di più ai giovani, e ai bonus conseguenti, apre logicamente un dibattito su quanto complesso sia individuarli, se in casa propria da pescare nel parco italiani, c’è poco come nel caso dell'Unione. L’analisi di Totò.
«Delli Carri ha sicuramente l’esperienza giusta per operare al meglio. La difficoltà, nel caso quella sia la linea, è farlo a Trieste. Berti lo fece in quei tre anni, prendendo giovani dai grandi club, perché trovare gente giovane pronta per la C, ripeto, a Trieste, non è semplice, altra cosa è se lo fai, con tutto il rispetto, a Crema o Renate».
Quali sono le difficoltà oggettive?
«Alcuni grandi club hanno fatto le seconde squadre, e quindi fai fatica a prenderli da loro. Per cui qualche difficoltà certamente la si troverà in questo. Io sarò sempre per i giovani, ma i giovani hanno bisogno del tempo per crescere. Rari esempi di società ci lavorano bene, ma lo fanno magari da 30 anni».
Altre criticità?
«È fondamentale che la società dica le cose come stanno, le verità fanno sempre bene. Ad una città come Trieste è importante dire la verità, nella consapevolezza che il percorso sarà difficile la città certamente si stringerà attorno alla squadra».
Peraltro si partirà da -7.
«Tolte tre-quattro squadre non è un girone di grandi armate. Reputo il girone A abbordabile. Del resto anche quest'anno hanno recuperato».
Parentesi su una C che ha mietuto vittime illustri.
«Il sistema non può reggere, la C è un bagno di sangue, improponibile fatta così, con troppe squadre. Vincere non è facile, devi metterci parecchi milioni e magari, vedi Vicenza, non ci riesci. Se poi devi lavorare sui minutaggi dei giovani fai ancora più fatica a dire che devi vincere. E’ il cane che si morde la coda perché è ovvio che per sopravvivere devi uscirne prima possibile. Ci sono poi esempi belli come il Pescara che è salito con tanti giovani».
Che mercato attende Delli Carri?
«Non sarà semplice anche perché rientreranno molti prestiti, ma io sono un propositivo e bisogna avere fiducia in Delli Carri che si è guadagnato questa fiducia. Alla base però deve esserci la trasparenza della società che in questo è stata carente. La città di Trieste nelle difficoltà sa unirsi, quindi aspetta la chiarezza».
Qualcuno provocatoriamente arriva a dire meglio nei dilettanti a debiti azzerati.
«Quando sento che era meglio ripartire dall’Eccellenza rabbrividisco. Perché poi per salire ci metti magari 2-3 anni, e intanto perdi un’altra generazione, la C ha un valore».
A novembre 2024 De Falco credeva alla salvezza.
«Ero sempre fiducioso e ci credevo, aveva fatto pochi punti ma poi con Tesser li ha fatti, pure con molti giocatori che già c’erano. Attilio ha fatto una gran cosa nel tenere la squadra lontana dai problemi».
Un nuovo allenatore, che si tratti di Gorgone, Donati o altri, si fa influenzare dalle traversie societarie?
«Il nostro è un mondo di chiacchiericci ma per questo insisto sull’importanza nella chiarezza dei programmi della società. Si sa che bisogna partire per salvarsi, almeno inizialmente visto il -7, ma se hai una squadra forte i punti li recuperi. Trieste è sempre Trieste, allenatori e giocatori vengono sempre volentieri».
Quale quindi il primo passo da operare.
«La società ha bisogno di qualcuno di credibile, che possa parlare alla città, alla squadra, a tutti. Delli Carri penso e spero che abbia avuto garanzie in questo senso».
L’altra figura così, credevano in molti fosse Tesser. Sorpreso del rapporto non proseguito?
«Non mi ha sorpreso, ero anzi abbastanza sicuro. Attilio ha fatto benissimo il suo lavoro, si è assunto delle responsabilità che andavano anche oltre al ruolo di allenatore, ma adesso, posto che è andata così, bisogna voltare pagina».
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