Triestina Calcio, parola agli ex: «Gestione societaria folle»

Nell’attesa di scoprire il futuro dell’Unione, le bandiere Godeas, Costantini e Pavanel esprimono tutta la loro preoccupazione: «Tesser, Delli Carri e i giocatori non c’entrano nulla. Situazione inaccettabile» 

Guido Roberti
Ben Rosenzweig, presidente della Triestina (Foto Andrea Lasorte)
Ben Rosenzweig, presidente della Triestina (Foto Andrea Lasorte)

Ex giocatori, o allenatori, un denominatore comune, l’aver amato e continuare ad amare, senza retorica, l’Unione. Denis Godeas, Maurizio Costantini e Massimo Pavanel sono alcuni di quei volti iconici che di diritto ad esempio entrarono nelle locandine del centenario della società, nel 2018. Percorsi o momenti diversi, talvolta intersecati, e la medesima terribile ansia per un futuro nebuloso.

L’accumulo di nubi non è però frutto del caso, ci sono dei perché e delle responsabilità precise, se si arriva al punto di non ritorno. Scelte scellerate sul piano della gestione finanziaria, sportiva, comunicativa, e non per ultima istituzionale. La comunità tanto decantata dal presidente Rosenzweig vituperata dai fatti.

Denis Godeas, miglior marcatore nella storia della Triestina con 89 gol (Foto Lasorte)
Denis Godeas, miglior marcatore nella storia della Triestina con 89 gol (Foto Lasorte)

Denis Godeas della Triestina è il miglior marcatore nella storia. Uomo di calcio, che ha giocato e segnato in tutte le categorie. E forse proprio quello è mancato all’Unione prima del dicembre 2024, uomini di calcio. «Posso capire sbagliare allenatore e giocatori, può succedere, ma con il budget che c’era, questa stagione è stata inaccettabile. E partendo da –9 la prossima è difficile andare lontani. È tutto sbagliato e parlo proprio di competenze, guarda caso quando è arrivata gente di campo come Tesser e Delli Carri le cose sono cambiate».

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Chiara l’allusione ha chi ha fatto mercato, in primis Alex Menta, direttore generale originariamente in tandem con Morris Donati. Prosegue Godeas, secondo cui la crisi sportiva è nesso causale con quella finanziaria. «Siamo a giugno e non si sa se la società si iscrive, non si sa chi sarà il direttore sportivo, l’allenatore, e tutto ciò non è normale. Il budget iniziale così alto è una aggravante, folle direi, ed è stato gestito in maniera oscena. Una squadra di D, messa in C, faceva più di 6 punti all’inizio. Un altro conto è far la squadra a vincere, magari ti va male, ma sarai quinto-sesto, non ultimo così».

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Cosa auspicare, ancor più dopo la revoca del marchio da parte della tifoseria alabardata, è di complessa traduzione. «Non vedo niente di positivo qui, è tutto folle. Se fossi un tifoso mi preoccuperebbe la gestione anche in caso di iscrizione, così non è una gestione normale. L’unica salvezza, direi, è che la iscrivano e che vendano. Un altro anno gestito da queste persone qui non può fare del bene».

Maurizio Costantini, ex giocatore e allenatore della Triestina (Foto Lasorte)
Maurizio Costantini, ex giocatore e allenatore della Triestina (Foto Lasorte)

Follia è una parola, non sarà un caso, che arriva spontanea anche dai pensieri di Maurizio Costantini, bandiera da giocatore, allenatore a due riprese, ed ottimo conoscitore di calcio e settori giovanili. «I soldi non sono stati spesi, sono stati buttati. E peraltro, se ne mancano parecchi, significa che hanno speso anche più di quello che era nelle loro risorse. Ci sono tante società che con quei soldi ci fanno sicuramente 6-7 anni, con risultati discreti e raggiungendo gli obiettivi. Da un punto di vista amministrativo sono da rivedere, dal punto di vista sportivo davvero una gestione brutta. Io mi occupo di settori giovanili e quello che hanno dilapidato senza avere un giocatore in prima squadra è drammatico per non dire folle».

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I tifosi della Triestina (Lasorte)

In tutto ciò Trieste ricorderà l’impresa sul campo di Attilio Tesser, del direttore Delli Carri in un mercato condotto con tasche vuote, e dei ragazzi da dicembre. «L’amico Attilio, Delli Carri ed i ragazzi sono stati bravi, era una situazione complicata e hanno dimostrato grandi valori. Ad oggi invece la società non lo ha dimostrato». Nessuno ha sfere di cristallo ma il pessimismo serpeggia, quasi a prescindere dall’iscrizione alla ventura Serie C.

 

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I tifosi dell'Unione (Lasorte)

«Difficile ipotizzare quel che accadrà – prosegue “Roccia” –. Per certo le notizie non consentono di stare sereni. Se anche dovessero arrivare notizie buone nei prossimi giorni, non è comunque un buon punto di partenza, lo scoramento generale è alto e ricreare entusiasmo non sarà facile, almeno con questa proprietà».

Massimo Pavanel, allenatore della Triestina nel 2018-19 e nel 2022-23
Massimo Pavanel, allenatore della Triestina nel 2018-19 e nel 2022-23

Parte da ancora più lontano Massimo Pavanel, uno che in campo usciva senza polmoni, protagonista anche da allenatore di una bellissima stagione in cui sarebbe forse bastata la tecnologia Var per proiettare la Triestina da lui guidata in B nella finale col Pisa. «Parto dal concetto di visione. Ogni volta che arriva una nuova proprietà sento parlare di nuovo centro sportivo, di progettazione, magari anche con risorse stanziate e tutto apparentemente perfetto, ma io le ruspe che iniziano dei lavori continuo a non vederle. Anche in questo caso con questa società ho sempre sperato di vedere questo primo passaggio, al di là del risultato sportivo immediato perché quello arriva se hai visione, e il Pisa che ci batté insegna».

A rischio logicamente anche la prosecuzione del settore giovanile qualora le vicende alabardate finissero in tribunale e non altrove. Ancora una volta senza avere dato la possibilità a ragazzi triestini di giocare qui (Crosara ultimo in ordine di tempo). «Non si discutono le buone intenzioni e nemmeno che siano stati messi tanti soldi, ma Trieste ha bisogno, e ha le possibilità, di fidelizzare. Chiedo, quanti giovani di qui giocano in prima squadra? Quanti triestini? Nessuno, e senza valorizzare il territorio, e magari le terre vicine, è difficile fare tutto».

Pavanel, persona buona d’animo e strettamente legato alla Triestina, conclude con la condivisione di un sentimento che accomuna la tifoseria in questi giorni di fine primavera. «Provo grande delusione, se non rassegnazione, è un disco che si ripete, l’ho vissuto da dentro e lo sto rivivendo da fuori, provo profonda tristezza».

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