Addio a di Ragogna, maestro di giornalismo

È morto ieri notte a 90 anni a Cattinara a causa di una bronco-polmonite. Fu per anni il capo dello sport al Piccolo
Di Piero Trebiciani

di PIERO TREBICIANI

Come spesso accade nella vita, le passioni sono fatali. Per amore dell'Alabarda, non ha voluto mancare al big-match Triestina-Mestre: il gelo della giornata l'ha annichilito, la bronchite s'è trasformata in bronco-polmonite e l'altra notte a Cattinara s'è portata via Dante di Ragogna, novant'anni compiuti l'estate scorsa, per decenni capo dei servizi sportivi de "Il Piccolo" fino al meritato pensionamento, avvenuto alcuni anni fa.

Persona di radicata onestà intellettuale, di carattere non sempre facile o conciliante, certo poco avvezzo al compromesso, ma sinceramente aperto, diretto e leale, di Ragogna (da gentiluomo di antico stampo ci teneva al "di" minuscolo nel cognome) ha improntato a queste caratteristiche tutta la sua lunghissima e intensa attività professionale, ricca di soddisfazioni e ovviamente anche di non poche amarezze.

Rigoroso ed esigente, innanzitutto con se stesso, amava l'essenzialità, la precisione, la puntualità nelle analisi e nella cronaca, facoltà certo maturate nella sua formazione scolastica da geometra (da giovane, prima di riuscire ad approdare al giornalismo, si impiegò all'Anas). Si esprimeva con una scrittura piana, chiara, scevra da voli pindarici, iperboli, enfatizzazioni come si tende a usare oggi. La sua redazione sportiva era una scuola dura (era meglio girarci alla larga quando la Triestina perdeva), ma preziosa. Vi hanno attinto decine di ottimi collaboratore esterni, come ad esempio Vittorio Firmiani, Claudio Nordio, Severino Baf, Mario Germani solo per citare alcuni tra quelli su cui faceva più affidamento, e che "tiranneggiava". Ma soprattutto una scuola anche per tanti redattori interni, che hanno poi espresso la loro professionalità in altri settori, traendone insegnamenti decisivi per la propria attività giornalistica, per la propria carriera. E non si possono non citare a questo proposito almeno le cronache sportive scritte per Il Piccolo da Paolo Condò e Alessandro De Calò, divenuti più tardi prestigiose firme della Gazzetta dello Sport.

Per di Ragogna il giornalismo era una religione, la Triestina un vero amore. Fin dai tempi, fine Anni Trenta, dei primi calci giovanili a Montebello e poi agli inizi dei Quaranta, quando indossò ufficialmente con grande orgoglio la casacca alabardata. Più tardi s'innamorò della Triestina degli anni migliori, quella della serie A, la Triestina di Trevisan, Sessa, Rossetti, Striuli, Radio; poi quella di Rocco, di Nuciari. Poi ancora, professionalmente, visse con dolore la fase discentente, la sfumata promozione in A all'ultima di campionato con la squadra di Giacomini; visse con profondo entusiamo i rari momenti di rilancio (quello della rinascita con De Falco e Ascagni), fino alle cocenti delusioni delle vicende recenti.

Sentimenti vissuti con pudore, senza farli troppo emergere dai propri servizi, che rimanevano sempre misurati, mai succubi al fascino del tifo, nella buona e nella cattiva sorte. Una biblioteca storica di cronache, commenti, analisi, di collaborazioni e corrispondenze (dal mitico Guerin Sportivo alla bibbia, la Gazzetta dello Sport ).

Ereditò la scrivania di Capo dello Sport del Piccolo che fu dei mostri sacri del giornalismo triestino quali Livio Sartori, Mario Grassi e la lasciò nelle mani del suo allievo prediletto, Ezio Lipott. E sotto la sua gestione la redazione, anche per merito del suo vice Lipott, diventò fulcro di iniziative collaterali, di manifestazioni, pubblicazioni periodiche, punto d'incontro e di riferimento per campioni, protagonisti di vari sport, da Nino Benvenuti a Cesare Maldini, a Fabio Capello, per gli Azzurri d'Italia.

Accanto all’attività giornalistica, di Ragogna si espresse anche in quella di scrittore: oltre la decina i libri da lui pubblicati, perlopiù dedicati alla storia e alle vicende dell'Alabarda, ma anche ad altri soggetti, pur sempre di carattere sportivo. Ultima sua fatica una monumentale storia della Società sportiva San Giovanni, appena pubblicata con la solita minuziosa cura per particolari, aneddoti, dati e statistiche, in occasione del 75° anniversario del sodalizio celebrato giorni fa. La passione per la Triestina, ma anche per il calcio in assoluto. Dalle partite tra giornalisti e attori che lo vedevano sempre in primo piano, nell'organizzazione e nella voglia di vincere. Chi scrive, all'epoca un portiere del San Giovanni, iniziò la propria carriera giornalistica proprio essendo stato chiamato a collaborare allo Sport per avere titolo a rinforzare quella squadra che, diciamolo, … vinceva di rado (ma anche dopo non andò granchè meglio).

Divennero un classico i suoi appuntamenti a Forni di Sopra, seconda patria di di Ragogna, dove era un "must" per giocatori regionali di mezz'eta, allenatori, arbitri e amici partecipare al Trofeo di Ferragosto, le cui ultime edizioni hanno portato il nome di Trofeo Rocco, in omaggio all'ormai mitico allenatore, che era stato ospite consueto dell'evento. Senza badare a chi dettava la formazione, di Ragogna pigliava la sua maglia numero 6, indossava la fascia di capitano e, fino a qualche anno fa, scendeva in campo. Era fatto così, abituato a comandare, diciamo.

Assiduo e protagonista, assieme ai fratelli Rocco, fino a poco fa anche agli appuntamenti con gli Amici del lunedì a Chiarbola, giocatori ed ex giocatori più o meno famosi, amici, con il virus del calcio e della partitella. Tra amici, appunto.

Una vita intrecciata tra giornalismo, sport, calcio, Alabarda, intensa ma non scevra da un impegno sociale, dall'attività negli enti di categoria, da un richiamo frequente al senso civico che traspare anche dalle tante significative lettere di cui ci ha fatto da qualche anno partecipi attraverso le "Segnalazioni" del giornale.

Ora Dante di Ragogna ci ha lasciati. Oltre al dolore, ai bei ricordi, ci resta il suo prezioso esempio di sobrietà, coerenza e dedizione. Grazie Dante.

Di Ragogna lascia la moglie, l'olimpionica di Sci di fondo Ildegarda Tafra e i figli Enrico e Giulia.

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