Bolzan: «Una tappa oltre l’immaginazione negli Oceani del Sud»

«Condizioni impossibili, con giorni e giorni nella neve» E tornato a casa per riposarsi si rilassa con il parapendio

ROMANS D’ISONZO. Poche ore di riposo (riposo...: rispondere alle telefonate e ai messaggi degli amici e preparare il bagaglio) e - nemmeno ventiquattr’ore dopo l’arrivo a Itajaì, sulla costa brasiliana, al termine della tappa più dura della Volvo Ocean Race - Alberto Bolzan era già su un aereo che lo riportava a casa, a Romans d’Isonzo. Per rilassarsi in famiglia, anche se per lui il concetto di rilassamento ha un significato un po’ particolare: per dire, l’altro giorno era a fare parapendio librandosi nel cielo tra la Valle dell’Isonzo e il Carso assieme alla fidanzata Nicole, che della specialità è campionessa a livello mondiale.

«È stata una tappa dura, durissima. Certo, quando parti per affrontare gli Oceani del Sud sai a cosa vai incontro ma in questo caso si è andati oltre ogni aspettativa» racconta Alberto una volta tornato con i ...piedi per terra. Già, la settima tappa del Giro del Mondo in barca a vela per equipaggi - nella flotta ci sono solo due italiani: lui e la triestina Francesca Clapcich - dalla Nuova Zelanda al Brasile, da Auckland a Itajaì con il mitico passaggio per Capo Horn, ha segnato profondamente gli equipaggi: un velista del team di Hong Kong Scallywag, l’inglese John Fischer, è morto cadendo nelle acque gelide, molte barche hanno subito danni anche molto seri, condizioni di navigazione oltre ogni limite. Ma alla fine Team Brunel, la barca di Bolzan, ha vinto la tappa, firmando una vera e propria impresa sportiva. «In questa edizione della Volvo - racconta Alberto, che è alla seconda esperienza, dopo aver gareggiato nella passata Ocean Race su Alvimedica - ci siamo dovuti spingere molto più a Sud verso la linea dei ghiacci: abbiamo trovato neve per giorni e giorni regatando in un fronte freddissimo spingendo le barche a tutta: anzi, sono perfino sorpreso di come abbiamo retto bene alla fin fine. Io stesso ho passato ore a riparare con i mezzi di fortuna di cui disponiamo a bordo una vela».

Ma anche le soddisfazioni non sono mancate: per la seconda volta consecutiva Bolzan è passato per primo a Capo Horn, era già successo nella passata edizione con Alvimedica. «E sono l’unico della flotta a vantare questa sorta di record. Ne sono molto orgoglioso, è una soddisfazione personale enorme: Capo Horn è un passaggio significativo per tutto il mondo della marineria, un posto davvero magico». Poi, risalendo verso Itajaì un improvviso mutamente del meteo e infine il trionfo nel porto brasiliano. «Sì, ma il meteo è davvero cambiato solo l’ultimo giorno, quando siamo passati dalla neve al poter stare in calzoncini corti in meno di ventiquattr’ore. Poi, la vittoria di tappa: ce la meritavamo, siamo molto soddisfatti».

Questa settima tappa resterà però nella memoria soprattutto per la tragedia della morte di John Fischer. «Quando abbiamo ricevuto l’allarme di uomo in mare da parte di Scallywag non ci volevamo credere: in quelle condizioni sai che difficilmente il disperso può essere recuperato. È stato uno choc terribile per tutti noi: in banchina John era un personaggio simpatico, alla mano, sempre sorridente...»

Adesso, partenza il 22 aprile, da Itajaì si salirà a Newport, sulla costa newyorkese. «E faremo per la quarta volta l’Equatore, dove non sa mai che condizioni trovi, è un’incognita ogni volta, e dove conta troppo la fortuna. Ma, attenzione, le tappe dure non sono comunque finite: sarà durissima anche la Newport-Cardiff, c’è il rischio che si sia costretti a salire molto a Nord. E non sarà da ridere nemmeno la Cardiff-Goteborg...»

Ma almeno sarà la penultima tappa: la Ocean Race si concluderà infatti in Olanda, a L’Aia, a fine giugno.

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