Champions, Roma a Liverpool per dare un calcio all’incubo

LIVERPOOL. Un incubo che ritorna, i sorrisi beffardi della gente di Liverpool, dal tassista al capo tifoso barista, che ricordano quelli di Grobbelar. Così è di nuovo i Reds contro la Roma, che anche domani giocherà in maglia bianca come il 30 maggio del 1984, la notte in cui Di Bartolomei e compagni furono campioni d'Europa per 55 secondi, il soffio di tempo trascorso dal rigore segnato da Agostino, dopo quello fallito da Nicol, a quello successivo insaccato da Neal. Su quel minuto scarso sono stati scritti libri e allestiti spettacoli teatrali, adesso è di nuovo Liverpool e in mente tornano altri 55 secondi, quelli fra il penalty fallito da Graziani e il coro pieno di dolore «Roma, Roma, Roma!» che si alzò lo stesso. E poi, ancora beffardo, quello della parte avversa, «We always win in Rome» che rimbombò nell'Olimpico anche dopo la doppietta di Michael Owen nel 2001, in un match di Coppa Uefa finito 0-2. Ulteriore beffa fu lo 0-1 a favore degli uomini di Fabio Capello nel ritorno in Inghilterra, con coda 'bollentè a base di polemiche arbitrali. Il risultato non cambiò: Roma eliminata. Un passato che ritorna perché qui, pur nel rispetto dell'avversario, sono in molti a pensare che la storia sarà di nuovo a favore dei Rossi rivitalizzati dal mago Klopp, che alla vigilia sfodera ottimismo e risate, e forti del fuoriclasse che l'estate scorsa è stato strappato proprio alla Roma. Moò Salah, appena eletto miglior giocatore della Premier, manda in estasi Anfield, ha sempre segnato contro le sue ex squadre e domani spera di ripetersi perché vuole prendersi la gloria in Europa. Come per Steven Gerrard e Francesco Totti, le ultime vere bandiere del calcio: avrebbero voluto affrontarsi un'altra volta, e invece il tempo ha vinto. Intanto i romanisti sono spinti da una fede incrollabile al punto che alcuni di loro sono arrivati a Liverpool privi di biglietto. Ma spiegano che dovevano comunque esserci, per provare a spezzare un incantesimo e vedere da vicino il nemico. E una curva, la Kop, che in fondo mette i brividi. Sì, è proprio vero che il 30 maggio del 1984 è la data impossibile da dimenticare, delle lacrime e delle sconforto di una città che si sentiva già campione e invece inciampò sui tiri dal dischetto, dopo che due dei migliori specialisti di allora, Pruzzo e Cerezo, erano usciti durante il match e quindi impossibilitati a tirare. Falcao non se la sentì per via dei crampi, Grobbelar la ebbe vinta con le sue smorfie, Testaccio si ritrovò con tante bandiere da ripiegare e mettere via in attesa di tempi migliori. Si spera che siano arrivati adesso, ci sono un sogno chiamato Kiev e l'ottimismo tipicamente americano del presidente James Pallotta, che ha trovato anche lo sponsor di maglia da 40 milioni e spera di farsi un altro bagno in fontana la notte del 2 maggio.
Riproduzione riservata © Il Piccolo