Damiani: «Io e Chianese quanti ricordi di una boxe che in Italia non esiste più»

L’INTERVISTA TRIESTELo sport come la vita, fatto di momenti eccellenti e altri su cui devi meditare il modo per ricattarti ma senza mai perdersi d’animo. A crederci è anche Francesco Damiani, già...
NATOLI.CENA BOXE DIEMME CAFFE' ALBIGNASEGO.damiani francesco
NATOLI.CENA BOXE DIEMME CAFFE' ALBIGNASEGO.damiani francesco

L’INTERVISTA

TRIESTE

Lo sport come la vita, fatto di momenti eccellenti e altri su cui devi meditare il modo per ricattarti ma senza mai perdersi d’animo.

A crederci è anche Francesco Damiani, già tecnico della Nazionale italiana di pugilato, uno che in carriera ha lasciato il segno non solo sul volto degli avversari ma nella storia della “nobile arte” con una carriera a suon di imprese, dal secondo gradino del podio ai Giochi di Los Angeles, all'argento dei mondiali dilettanti nel 1982 - dove mise in riga un certo Teofilo Stevenson - sino ai fasti da professionista, coincisi con 29 match di fila senza sconfite, portando in bacheca un titolo europeo nei massimi e quello mondiale professionisti nei massimi versione WBO, secondo italiano nella storia della boxe italiana, assieme a Primo Carnera, a fregiarsi di un primato mondiale.

Tanti successi, pochi rimpianti e un forte legame con un lembo importante del pugilato triestino come Biagio Chianese, con cui Francesco Damiani divise la categoria, i sogni e molte preparazioni di match.

Temi che accompagnano l'arrivo a Trieste dell'ex CT Azzurro, atteso in occasione del “Memorial Battimelli”, la manifestazione curata dal Club “Sportivo Pugilato Trieste”, in programma al Palasport “Calza” di Chiarbola da oggi (dalle 18) sino a domenica 7 ottobre, una tre – giorni all'insegna della boxe giovanile e dilettantistica, un momento ideato anche per tastare il polso alla reale consistenza del pugilato italiano.

«Non è un momento esaltante – ammette Francesco Damiani - ci sono dei prodotti da valorizzare ma non viviamo una epopea significativa, anche non del tutto buia sia chiaro».

Questo stallo a cosa è dovuto, alla didattica o alla carenza di atleti in grado di primeggiare?

«Qui sta l'interrogativo. «Abbiamo reclutato dei tecnici cubani ma non ne avevamo bisogno, in Italia non mancano certo maestri di boxe all'altezza. Ci sono periodi storici dove nascono i Benvenuti e i Mazzinghi e altri dove bisogna accontentarsi ma sempre lavorando forte. Alla base direi ci vuole sempre un atleta con talento».

Lo stesso discorso vale anche per la boxe femminile?

«Ho visto nascere questo settore, era il 2001 e da quella volta i progressi sono stati enormi. E' ancora in evoluzione e anche in questo caso ci sono fasi e fasi da affrontare».

Tornare a Trieste per il trofeo “Battimelli” significa ritrovare un pezzo del passato come l’ex collega triestino d’adozione Biagio Chianese.

«E' stato un grande e conservo un ricordo particolare, fatto di stima e amicizia. Lo segnalai io all'epoca al CT Falcinelli della Nazionale e Biagio ci ripagò subito con una splendida medaglia di bronzo».

Damiani più incassatore, Chianese più letale, ed entrambi “ testati” da Stevenson, il Cassius Clay dei dilettanti quando la boxe era un evento planetario.

Vero ma faccio una confidenza. Teofilo Stevenson all'epoca disse: degli italiani dobbiamo temere soprattutto Chianese, sa proprio far male... —



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