Della Vida osservatore d’eccezione al torneo Under 12 del Tc Triestino

TRIESTE. È piombato sui campi di Padriciano per visionare i tanti talenti che fino a sabato saranno impegnati al Tennis Club Triestino nel torneo Under 12 a loro riservato. Fabio Della Vida, figlio...

TRIESTE. È piombato sui campi di Padriciano per visionare i tanti talenti che fino a sabato saranno impegnati al Tennis Club Triestino nel torneo Under 12 a loro riservato. Fabio Della Vida, figlio del grande Carlo e tra i più rinomati talent scout e manager al mondo, ha vissuto due giorni intensi immerso in una competizione che ha messo in luce alcune buone individualità. «Il mio lavoro all'interno della federazione è questo - racconta con grande disponibilità - cercare tutti i ragazzi e le ragazze che possono avere un futuro e segnalarle ai nostri tecnici. Due giorni a Trieste poi sarò a Porto San Giorgio per un altro torneo giovanile. A Padriciano ho visto cose interessanti: tra gli italiani mi sono piaciuti Vianello e il giovane Quinzi che non ha ancora la cattiveria del fratello ma ha colpi notevoli. Tra gli stranieri il serbo Subanovic. L'ho visto perdere ma non importa, è un ragazzo talentuoso».

Ne ha viste tante, Della Vida, in un mondo del tennis che da manager lo ha visto festeggiare la vittoria di Ivanisevic a Wimbledon nel 2001. «Il livello del tennis italiano è in crescita anche se è vero che possiamo e dobbiamo pretendere di più. È dal 1978 con Adriano Panatta che non esprimiamo un giocatore in grado di entrare nei top ten. Le ragazze ci sono riuscite prima con la Schiavone poi con la Errani, in campo maschile ci manca ancora qualcosa». Impossibile parlare di ricette anche se la nascita di un campione alla Federer potrebbe dare linfa e spinta a tutto il movimento. «È evidente che questo aiuterebbe. Abbiamo toccato con mano nel femminile come la vittoria della Schiavone al Roland Garros abbia spinto le colleghe a lavorare e migliorare. Campioni però, salvo in rare eccezioni, non si nasce. Ecco allora che sarebbe fondamentale per il nostro movimento che già nelle scuole ci fosse la possibilità di dare ai ragazzi le basi necessarie. Nella convinzione che puoi lavorare sulla tecnica ma cose come il cuore e la voglia di vincere non si possono insegnare».

Lorenzo Gatto

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