È morto Griffith, il rivale di Benvenuti

La scomparsa a 75 anni di un grande campione, gravemente malato e in povertà
Di Bruno Lubis
L'ex campione del mondo dei pesi medi, Emile Griffith (S), con il suo ''storico'' rivale, ora fraterno amico, Nino Benvenuti durante una serata di beneficienza per contribuire a combattere l'Alzheimer, questa sera in un locale di Roma. ANSA/MARIO DE RENZIS
L'ex campione del mondo dei pesi medi, Emile Griffith (S), con il suo ''storico'' rivale, ora fraterno amico, Nino Benvenuti durante una serata di beneficienza per contribuire a combattere l'Alzheimer, questa sera in un locale di Roma. ANSA/MARIO DE RENZIS

TRIESTE. Emile Griffith, per anni campione mondiale dei pesi welter, è morto ieri a 75 anni in un centro di accoglienza negli Stati Uniti. La notizia, attesa già da tempo in quanto l’ex campione (originario delle Isole Vergini) era malato di Alzheimer e aveva perduto tutte le sue sostanze, lascia sgomenti perché la gloria passeggera di un titolo sportivo non garantisce nemmeno contro la miseria.

Griffith era salito all’onore delle cronache per aver massacrato di pugni il cubano Benny Kid Paret, reo di averlo chiamato Maricon nella conferenza stamnpa di presentazione del match per il titolo dei pesi welter nel 1964. Emile, accompagnato sempre a bordo ring da mamma Imelda, aveva tenuto all’impiedi l’arrogante cubano e l’aveva colpito con una serie di almeno venti ganci e diretti. Paret, lo si è saputo dopo, era già indebolito da precendenti traumi dovuti alla boxe e sarebbe morto in seguito alla dura lezione subìta da Griffith. Griffith non ha poi mai negato la sua omosessualità, anzi se n’era fatto un vanto. Gli Usa aspettavano la Speranza bianca – quello capace di rimandare indietro i negri che spopolavano nei massimi e nei medi – e l’avevano trovata per i medi nell’elegante Nino Benvenuti. Tre incontri memorabili avevano disputato Benvenuti e Griffith, vincendo il primo l’italiano, poi l’americano prevalendo nella rivincita allo Shea Stadium, e infine regalando la bella a Benvenuti a New York. Gloria a Nino, vero peso medio; altrattanta gloria però a Emile Griffith che, con 69 chili di peso, è stato capace di mettere in severa difficoltà un medio crudele come Carlos Monzon, eversore di Benvenuti in soli due scontatissimi combattimenti.

Griffith è stato un campione anche senza gli scontri con Benvenuti, ha passato sul ring una decina d’anni a livello mondiale prima come campione dei welter e poi ai massimi livelli dei medi. Ha combattuto e quasi sempre battuto i migliori pugili degli anni Sessanta e Settanta. E’ stato generoso con i numerosi parenti che lo hanno prosciugato dei suoi lauti guadagni. Una buona parte dei soldi sono stati spesi per il mantenimento dei partner che, a quei tempi di pruderie, costavano molto, forse troppo. Ma per assicurarsi la discrezione non si doveva lesinare sulle spese – chiamiamole così – di rappresentanza.

Questo spiega bene gli ultimi quindici anni di indigenza. L’America è spietata, non esiste una legge Bacchelli che assicuri la pensione a chi ha valorizzato la patria. Griffith non aveva più soldi e ha dovuto elemosinare aiuti a destra e a manca. E’ venuto perfino a Roma, ospitato da Benvenuti, per racimolare un po’ di denari. Troppo pochi, visto che c’era da mantenere anche il figlio adottivo, quello che lo chiamava Champ e non certo Papà.

Al sempiterno allegro Emile, l’estremo applauso di quelli che sapevano apprezzare il pugilato. E, se italiani, la riconoscenza di aver valorizzato un talento quale fu quello di Nino Benvenuti.

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