I BAFFI DI PANENKA E IL DESTINO CECO
Quando giocherà la Repubblica Ceca in molti penseremo alla stessa persona di sempre: Antonin Panenka. Scegliere lui come tema può essere fallimentare, perché la platea si divide tra chi non è interessato a una certa epica dello sport, e chi ne sa più di te, e finirà per annoiarsi. Ma proviamoci. Campione europeo nel 1976, Antonin - suo malgrado - è quello che nella musica si definirebbe un One Hit Artist, uno ricordato per una sola canzone, magari famosissima. Tipo i Knack, quelli di My Sharona ma anche di... sì, quell’altro pezzo... dai, come si chiamava... ecco, appunto, nessuno lo sa. La My Sharona di Panenka è un rigore segnato nel modo che nel Duemila noi italiani abbiamo definito “il cucchiaio” e capace di far vincere il titolo alla Cecoslovacchia sulla Germania. Ripeto: la cosa accade nella finale, non nel cortile mentre tua madre urla alla finestra che la cena è pronta.
Costui, dopo una rincorsa potente che prometteva chissà quale cannonata, calciò il suo rigorino a un km all’ora appoggiandolo al centro, mentre il portiere tedesco si gettava come un ghepardo sulla sinistra. Piccolo particolare: si trattava di Sepp Maier, il portiere più forte del mondo. Nei filmati restano alcuni dettagli, come la corporatura imponente di Antonin, che aveva due baffoni da bandito western messicano, e la postura di Maier, che trasmette tutta l’incredulità possibile. Fu estro, ma non improvvisazione. Quel gesto era frutto di due anni di test, solo che a quei tempi i satelliti li usavano solo per fare le guerre e non per vedere le partite dei Bohemians Praga su Eurosport.
L’estro e il metodo, combinati insieme, sono letali. Panenka era un fenomeno nelle punizioni e giocava molto bene a pallone ma il suo destino si compì lì, a Belgrado, quando eseguì l’unica canzone che l’avrebbe reso famoso. Oggi, a 68 anni, non se ne fa un cruccio. Continua a rispondere alla stessa domanda: come andò, come ti venne in mente, che cosa ti dissero i compagni, eccetera. Prendiamoci una pilsner e raccontalo ancora una volta, Antonin.
@fbrancoli
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