I magnifici 80 anni di Mario Andretti

«I momenti più dolorosi? Aver lasciato Montona e aver perso mia moglie. La gioia è stata aver vinto il Mondiale a Monza, dove ragazzino tifavo Ascari. Sono felice di essere arrivato fin qui»
Mario Andretti
Mario Andretti

TRIESTE. La prima telefonata è arrivata quando il 28 febbraio era cominciato da appena qualche minuto. A quella chiamata, a Nazareth, Pennsylvania, se ne sono aggiunte altre, ininterrottamente. Per tutto il giorno, da tutto il mondo. Le sue pagine sui social sono state tempestate di messaggi di auguri da parte di migliaia di tifosi. I magnifici 80 anni di Mario Andretti meritano tutto questo.

Mario Andretti qualche anno fa a Montona insieme alla moglie, a uno dei figli e alla nuora
Mario Andretti qualche anno fa a Montona insieme alla moglie, a uno dei figli e alla nuora

Ma quante ore di immagini occorrerebbero per un film, quante pagine servirebbero per raccogliere in un libro 80, intensi, anni fatti di un’infanzia a Montona italiana, del rapporto con il fratello gemello Aldo, delle discese a rotta di collo con i carretti, della dolorosa partenza dopo che con l’arrivo della Jugoslavia la vita per gli italiani a Montona divenne impossibile. Gli anni del campo profughi di Lucca, la rincorsa al sogno americano, le prime corse, la gloria, la Ferrari, il Mondiale di Formula 1, la 500 Miglia di Indianapolis, il titolo Cart, la nascita di una dinastia, il successo come imprenditore. E i personaggi, da Enzo Ferrari che gli voleva bene a Paul Newman con cui corse insieme e che sarebbe diventato un pilota se quegli incredibili occhi azzurri non avessero bucato il grande schermo.


Andretti, che effetto fanno questi 80 anni?

Un giorno uguale all’altroieri e a come, spero, sarà domani. Una data come un’altra. Penso, semmai, che non so come sono arrivato a questi 80, con questa vita. Sono grato per essere ancora qui, in buona salute.
 

Il momento più bello?

Sono stati tanti. Una famiglia unita. Una carriera che mi ha permesso di resistere per 50 anni come pilota. L’aver realizzato il sogno di quando a 14 anni a Monza vidi la prima corsa e decisi che avrei voluto guidare quelle auto così veloci.
 

Ha vinto tanto, tantissimo. Quale è stata la vittoria indimenticabile?

Il Gran Premio d’Italia che coincise con la vittoria nel Mondiale di Formula Uno del 1977. Trionfavo a Monza proprio dove tutto era cominciato, quando ero un ragazzino che sognava un giorno di emulare Alberto Ascari e sperava di poter guidare prima o poi una Ferrari.
 

Quale è stato invece il momento più doloroso in questi 80 anni? L’addio a Montona dev’essere stato drammatico...

Io e Aldo eravamo ancora bambini, non potevamo capire cosa stava succedendo, ci accorgevamo però dell’angoscia che tormentava i nostri genitori, che si sforzavano di tirare avanti comunque e cercavano di lasciarci vivere un’infanzia serena. Quello che mi pesa di più, in questi 80 anni, è stato l’aver perso gli affetti. Ho visto spegnersi mia moglie Dee Ann dopo che siamo stati insieme per 57 anni. Anni di grande amore. Due settimane fa ho dato l’addio a John, mio nipote, il figlio di Aldo. Era anche lui un pilota, come del resto quasi tutti nella mia famiglia. Io, i miei figli, un altro mio nipote.
 

Quando la rivedranno a Montona, di cui è sindaco del Libero Comune in esilio?

Ci tornerò, ve lo prometto. L’ho sempre fatto, del resto, nel corso degli anni. Continuo a sentire vicina Montona grazie agli amici. Dialogo via mail con conoscenti da lunga data, mi sfogo parlando in dialetto con amici di Trieste. L’ho fatto anche in occasione di questo compleanno, per un’oretta buona.
 

Andretti, cosa vuole dire ai tifosi?

Godete al massimo di quello che lo sport sa offrirvi. L’automobilismo regala sempre emozioni da ricordare e piloti da amare. Tutte le volte che torno in Italia mi immergo nell’affetto dei tifosi. Ricordo i festeggiamenti per i 90 anni della Ferrari, lo scorso novembre. Un evento magnifico. Orgoglioso di avere fatto parte della storia del Cavallino. Momenti così sono preziosissimi, anche per un ragazzo di 80 anni.

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