Il minibasket perde un vero maestro muore a 56 anni Massimo Gardin
TRIESTE. Lo hanno definito il gentiluomo dei canestri, una persona speciale capace di esserci nei momenti difficili e di dire la cosa giusta in ogni momento e in qualsiasi situazione: non a caso, tanto posati ed educati erano i suoi ragazzi, vedere giocare le sue squadre era sempre un piacere.
Mancherà a tutto il movimento la rassicurante figura di Massimo Gardin, personaggio conosciuto e molto amato dalla Trieste del basket che, sconfitto da un male incurabile, si è spento nei giorni scorsi.
Nato a Mestre nel 1962, dopo una carriera spesa nel Veneto, si era trasferito a Trieste per amore. «L'avevo conosciuto agli inizi degli anni novanta al torneo Mazzetto- ricorda Franco Cumbat- e avevamo sviluppato una bella amicizia. Quando arrivò a Trieste mi chiamò per sapere se c'era la possibilità di allenare ma, conoscendo le sue qualità di leader, gli consigliai Sgt o Don Bosco, due società nelle quali avrebbe potuto sviluppare tutto il suo talento. Con la morte di Gardin, se ne va uno dei pochi maestri rimasti in Italia. A livello di minibasket, un gigante, averlo avuto con noi a Trieste è stata una grande fortuna».
Don Bosco, San Vito poi Interclub Muggia le società dove ha lavorato. «L'ho conosciuto negli anni al Don Bosco - ricorda Sergio Dalla Costa - di lui mi resta un bellissimo ricordo. Persona seria, sempre positiva e sorridente, ci sapeva fare con i ragazzi».
Chi lo ha conosciuto bene e ha avuto la fortuna di lavorare con lui lo ricorda con parole d'affetto.
«Provo una enorme sensazione di vuoto - racconta commosso l'amico Luca Birnberg - Negli ultimi anni ho avuto la fortuna di poterlo affiancare nel settore minibasket dell'Interclub, stargli vicino voleva dire imparare qualcosa ogni giorno. Massimo era un istruttore di grandi qualità, sapeva davvero rapportarsi con i giovani. Ha combattuto fino all'ultimo e fino all'ultimo ha saputo sorridere e dare coraggio a chi gli stava vicino. Mi mancherà, mi mancheranno quotidianamente i suoi consigli». —
L.G.
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