Il Poz: «Un domani carico di incertezza. Punterei sui valori e su più italiani»

«Premature le trattative senza sapere quali conseguenze  lascerà questo periodo. Surreali le gare senza tifosi»

TRIESTE Te la do io la Mosca atomica vista una volta come il Lucignolo del basket italiano, irriverente e irrazionale. Sarà la maturità, sarà l’esperienza, ma nella pallacanestro attuale Gianmarco Pozzecco è una delle voci più lucide, serenamente autocritiche e disincantate. Non a caso era stato il primo, a inizio dello scorso marzo, a dire che il campionato doveva essere fermato. E, chiamato a leggere nel futuro del basket nostrano, non nasconde di essere pieno di dubbi.

Basket, attività al via entro ottobre. Resta il nodo del format
Foto BRUNI 11.09.2019 Pallacanestro Trieste: amichevole con Kuban--justice


Quanto manca la vita di palestra?

Tanto, inevitabile. Tengo il conto: sono 58 giorni che sono chiuso in casa, a Sassari. Eppure continuo a vivere il basket dalla mattina alla sera. Telefono ai giocatori, ai dirigenti, ma è una situazione surreale.

Qualche club sta già muovendosi sul mercato. Si stanno definendo già ora le gerarchie del campionato che verrà?

Ora il mercato è un’incognita. Il Banco di Sardegna è abituato a muoversi abbastanza presto ma mai come in questo momento l’unica cosa sensata da fare è vivere alla giornata. Nessuno può sapere quali saranno realmente le conseguenze di queste settimane. Al momento si trattano giocatori in base a un valore di mercato “normale”, come se non fosse successo niente. Ma non credo che questa sarà la normalità del futuro che ci aspetta. Tra un paio di mesi le basi potrebbero essere diverse.

La Federazione ha dato un’indicazione chiara. Cercate di tornare a giocare entro ottobre. Anche a porte chiuse.

Bisogna scendere a compromessi. Va tutelata la salute però l’economia e la vita quotidiana devono ricominciare. Sarebbe sensato aspettare il vaccino, ma quando sarà? Ognuno esprime la propria opinione ma non esistono certezze. Per me giocare a porte chiuse è una condizione surreale, non concepisco una partita senza pubblico. Del resto, chi di noi non desidera giocare davanti ai tifosi? Tutti. Risposta scontata. Come chiedere se si desidera la pace. Però bisogna pensare alla sicurezza. La Nba per riprendere può pensare a posti dove concentrare le squadre, vai a Las Vegas e puoi farlo. Ricominci senza rischi. Qui abbiamo un posto simile? Inoltre i giocatori avranno bisogno di allenarsi, dopo 6-7 mesi di inattività...

Altri dubbi?

I costi che comporterà la ripresa. E non penso solo alla mia Sassari, visto che per noi normalmente ogni incontro di campionato comporta trasferte onerose.

Il campionato dovrebbe essere preceduto da una Supercoppa.

L’idea è buona, sarebbe in sostanza un ritorno alla formula della vecchia Coppa Italia. Buona ma complicata. Stiamo ragionando sulle ipotesi. Quante aziende vicine al basket lo scorso anno potranno confermare il loro impegno tra qualche mese? E se lo faranno, in che misura? Nessun club sa ancora quanto ci rimetterà.

Insomma, il Poz vede molte situazioni di incertezza.

Provo anche a pensare positivo. Mi piace immaginare che saremo più attenti a dare importanza ai valori. E i valori nel basket li associo al senso di appartenenza a un team, quello che caratterizza i giocatori italiani. Per capirci: a me Dequan Jones sta molto simpatico però, ragazzi, Daniele Cavaliero che gioca per Trieste ha tutt’altro significato. Sapete quando ho espresso per la prima volta questi concetti? 2005. Un amico mi ha mostrato una mia vecchia intervista. Quindici anni fa. Sarà che forse sono trda glava però sei stranieri sono tanti, troppi. Una volta si stava meglio.

Si dice che più stranieri ci sono più c’è spettacolo.

Gli italiani più giocano e più crescono. E le squadre con un’identità non fanno del bene solo a sè stesse. Una Stefanel, per dire di un club che lavorava sui giovani, era un esempio virtuoso anche per gli altri. Servolana, Inter 1904, Don Bosco. Se le società tornassero a puntare sugli italiani si scatenerebbe un effetto domino. Più spettatori, allenatori sempre più bravi, dirigenti sempre più capaci.

Si uscirebbe da una logica di assemblaggio e gestione di elementi stranieri, con le fortune di una stagione legata alle scelte azzeccate o meno sul mercato.

Trieste un anno fa aveva azzeccato gli stranieri ed era andata meritatamente ai play-off, in questa stagione non ha avuto fortuna e ha sofferto. L’idea di Cremona di un assetto all Italy mi piace. Io a Sassari non mi sono tirato indietro, avevo lanciato in quintetto Spissu, Vitali e prima Polonara. Michele Vitali ha tirato con il 50 per cento da tre. Cinquanta! Vale uno straniero. Si chiamasse Micheal Vitalis sarebbe considerato un fenomeno...

Meno stranieri ma di qualità. Giusto?

Appunto. Io ho potuto giocare con gente come Komazec o Richardson, per dirne due. Una volta, a Trieste, l’Usa in un gruppo italiano coeso come quello di mio padre, faceva la differenza. Larry Boston arrivava ed era un valore aggiunto. Vedevo Ken Johnson o Larry Middleton e restavo a bocca aperta per quanto saltavano. Siamo rimasti con l’idea che è l’americano a farti vincere. Come se amalgama, disciplina, generosità, cuore - quello che lega i giocatori italiani - non fossero valori importanti. —
 

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