Il “Prof” Lo Duca: quante gioie con la pallamano fatta in casa

TRIESTE. Di premi in 43 anni di pallamano ne ha vinti tanti ma sembra che a pochi altri ci abbia tenuto quanto quello che gli verrà consegnato il 31 gennaio. Giuseppe Lo Duca, il “Prof”, verrà premiato con altri otto grandi sportivi nella serata “Trieste onora i suoi campioni ricordando Giordano Cottur” alla Sala Tripcovich.
«Lo ammetto: una scelta che mi inorgoglisce. Il mio nome accanto a quelli di Cesare Maldini, Benvenuti, Pamich...» racconta, stringendo tra le mani la scheda biografica che verrà letta quella sera e che racchiude in una pagina una vita intera. Diciassette scudetti vinti con la prima squadra della Pallamano Trieste, oltre a sei tricolori giovanili e gli incarichi con la Nazionale.
Non male per uno che si è accostato alla pallamano per...ripiego.
Mi ero appena diplomato. Insegnante di educazione fisica. C’era questo sport da far conoscere. Mi dissero: tu sei l’ultimo arrivato, vedi un po’...Io che quando in Istria vedevo i campi all’aperto di pallamano pensavo servissero per il calcetto! Cominciai a informarmi, a viaggiare, a conoscere un po’ di gente.
E nel 1970 nacque la Pallamano Trieste.
Con il presidente dell’Us Acli Pino Grio. La prima formazione venne allestita ingaggiando amici che si occupavano di tutt’altro. Rubai al calcio e al basket Mario Pellegrini, convinsi Fuffo Fortunati che era forse il miglior talento cestistico. Trovai tra i lavoratori pendolari dall’Istria giocatori di buon livello. E partì l’avventura.
Quello era l’inizio. Il resto venne coltivato nelle scuole.
Inizialmente alla scuola media di Servola. Calcina e Pisani sono due prodotti di quella leva. Poi alla Caprin. E lì crebbe Pischianz.
Il primo scudetto nel 1976.
Sponsor Duina, quello che era anche presidente del Milan e che arrivò per i festeggiamenti con l’aereo personale. Lo vedemmo entrare alla Marinella di Barcola con Rocco e Rivera. Per lui erano anni d’oro, poi la fortuna gli voltò le spalle. Lo aveva convinto ad aiutarci il professor Combatti con cui aveva condiviso anni di prigionia in India.
Dopo quel tricolore tanti altri. Il marchio Cividin, la rivalità accesissima con la Volani Rovereto.
Mario Cividin ci fu vicino per 13 anni. La squadra era fatta tutta da triestini, così lo straniero stava in porta. In campo volevo i miei ragazzi. Ho sempre saputo come gestirli. Quando giocavamo la domenica mattina, la sera prima andavo personalmente a pescarli nei locali a Barcola e a Sistiana. “Pupi, è l’ora della nanna”. E quelli salutavano la compagnia...”Ok Prof”. Per le sfide scudetto con la Volani portammo a Chiarbola 2900 persone.
Chiuso un ciclo, se ne aprì un altro.
Targato Principe. Mario Duckevich da 22 anni ci sostiene. Altre battaglie, stavolta con l’Ortigia Siracusa di Concetto Lo Bello. Quella volta a Chiarbola furono in 4mila.
L’ultimo scudetto nel 2001/2002 con la Coop NordEst, dopo la Genertel. Poi anche gli anni della crisi e il ricordo più amaro.
Un anno non ce l’abbiamo fatta più, abbiamo deciso di autoretrocederci. Siamo scesi di due categorie. Ma non potevamo permetterci altro. Da lì è partita la risalita, lavorando sul vivaio.
Un giudizio su qualche nome storico della Pallamano Trieste. Piero Sivini.
Fisicamente non sembrava essere fatto per questo sport però...che velocità e che visione di gioco! Poteva diventare un eccellente tecnico ma poi hanno prevalso le esigenze del lavoro.
Roberto Pischianz.
L’ho avuto come allievo alle medie. É diventato il giocatore più rappresentativo, il cannoniere per eccellenza.
Furio Scropetta.
É rimasto legato al nostro ambiente, fisso tra il pubblico a Chiarbola. Mancino, aveva una classe enorme. Tra i triestini “patochi” lo considero quello che avrebbe potuto sfondare all’estero. Ma anche nel suo caso ha dovuto fare i conti, lui vigile del fuoco, con gli impegni lavorativi.
Un balzo in avanti nel tempo. La Pallamano Trieste più forte e ambiziosa. Quella con più elementi “foresti”. Alessandro Fusina e Alessandro Tarafino.
Ma potremmo citare anche Guerrazzi o Massotti...Per me Tarafino è stato il miglior giocatore italiano. Con quella squadra ci siamo fatti valere in Europa. Restano ricordi fantastici: la vittoria a Zagabria in Champions davanti a 10mila persone, aver costretto i fenomeni di Kiel al pareggio a Chiarbola. Poi i tempi sono cambiati, abbiamo dovuto tirare un po’ la cinghia e non c’erano più le condizioni per trattenere quei professionisti.
Altro nome mitico per i tifosi: Ivan Mestriner.
Il più forte portiere italiano. L’abbiamo preso giovanissimo dopo averlo visto a Quarto d’Altino.
La lista sarebbe lunghissima. Chiudiamo con il figlio genetico e i tre “adottivi”...
Marco ha avuto una bella carriera, piena di soddisfazioni. Ma anche mia figlia Martina ha giocato nella Nazionale juniores femminile. E adesso ho due nipotini, Pietro e Simone, che stanno già giocando a pallamano. Insomma, una dinastia. Quanto ai tre figli “adottivi”, ho con me Oveglia, Bozzola e Schina da oltre 20 anni, prima come giocatori e ora nello staff tecnico. Sono la Pallamano Trieste. Giorgio è stato l’artefice di sei titoli giovanili e adesso sta guidando in prima squadra quei ragazzi. Grande grinta, anche fuori dal parquet è un “bastonatore”. In senso positivo, eh...Marco è stato essenziale per il suo ruolo di mediatore nello spogliatoio durante la gestione Radojkovic in quanto é un ottimo tecnico che però pensa ancora come un giocatore, poi ha ereditato il gruppo come head coach e ora si occupa dell’Under 18. Claudio Schina infine è il re delle giovanili. Attorno alla nostra società gravitano 700 bambini. Lui, con la sua simpatia, è il loro riferimento.
Il futuro?
Ci sono sempre meno risorse a disposizione, ogni anno i contributi vengono ridotti. E allora vai un po’ a spiegare che la Pallamano Trieste non ha solo la prima squadra ma anche un vasto settore giovanile e porta lo sport nelle scuole. Per un anno di campionato vanno 200mila euro. Ogni estate lanciamo l’appello...
Le vostre partite sono a ingresso gratuito. Mai avuta la tentazione di far pagare il biglietto?
A Chiarbola vengono a vederci in 700-800 e ci sta bene così. Facendo pagare il biglietto avremmo delle entrate ma ci sarebbe anche qualche spesa supplementare. Il gioco non varrebbe la candela. E magari quei 700-800 si ridurrebbero.
E allora?
Allora andiamo avanti con le porte aperte a tutti. La pallamano per noi si fa così.
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