La Pro Gorizia compie 90 anni

Il 9 marzo 1923 tredici soci sottoscrissero l’atto costitutivo del club biancazzurro. Negli anni Quaranta i momenti di maggior gloria con la salita fino alla serie B

di Marco Bisiach

GORIZIA

Si dice che più passano gli anni e meno bello sia festeggiare i compleanni: l'immagine restituita dallo specchio non è più quella di un tempo, e si rischia di lasciarsi andare alla malinconia. Sarebbe facile cadere in tentazione anche a Gorizia, dove oggi c'è da rendere omaggio a uno dei simboli sportivi della città. Sì, perché novant'anni fa nasceva l'Associazione Sportiva Pro Gorizia.

E’ il 9 marzo del 1923 e Il Piccolo, affida alla storia e al «cuore delle giovani e future generazioni» (come scrive Oscar Fedon) l'elenco dei soci fondatori: Oreste Bradaschia, Giannino de Comelli, Giuseppe Fantuzzi, Oscar Fedon, Gigino Livellara, Emilio Medessi, Gino Merlo, Vittorio Paulin, Pietro Pedroni, Atto Retti Marsani, Mario Tiberio, Massimo Tuni e Teo Ventin. Manca tutto, in quei giorni. Persino un campo di gioco. Che arriva però già a maggio, quando su un terreno di proprietà della famiglia Lantieri, a borgo San Rocco, sorge quello che sarebbe diventato prima lo stadio Littorio e poi, fino a oggi, il Baiamonti. E’ la la prima casa della Pro Gorizia, dove la società biancoazzurra vive gli anni più esaltanti della sua storia. Merito soprattutto di un ambizioso ed istrionico presidente: Aldo Paoli Tacchini. E’ lui che, dopo le difficoltà e qualche delusione nei primi anni, inizia a costruire una squadra importante. Tanto che, nella stagione 1942/43, la Pro Gorizia vince il campionato di serie C, supera negli spareggi formazioni quali Verona, Lecco e Lecce, e approda in serie B. Il grande calcio, che però la Pro ha appena il tempo di assaggiare. Perché la guerra stravolge il mondo e anche il pallone, e la squadra viene inserita in un torneo provvisorio varato dal Governo Militare, per poi giocare nella serie B propriamente detta solo a conflitto concluso, nel 1948. E per una sola stagione, visto che non riesce a salvarsi.

E’, quella partecipazione alla cadetteria, l'apice della storia biancazzurra, che vive però altri momenti importanti tra la serie C (anche tanti derby con l'Udinese) e la D. Non solo. La Pro può vantare di aver svezzato giocatori e tecnici che faranno la storia del calcio tricolore. Come Enzo Bearzot, che Tacchini porta personalmente poi all'Inter. Ma anche i vari Orzan, Blason, Fortunato, Colausig, Puia, Mazzero e Toros, tutta gente che, nel calcio in bianco e nero, conta davvero.

Pur senza toccare più quei vertici, comunque, anche la seconda metà della storia della Pro regala belle soddisfazioni alla città, e gode, tra campo e panchina, di figure come Luigi Delneri ed Edy Reja, oggi protagonisti del calcio che conta. Gioie negli anni Ottanta, con il ritorno in C2 nel 1982, e dall'87, quando in D la gestione del presidentissimo Giancarlo Pozzo (fratello di Gianpaolo, patron dell'Udinese dei miracoli di oggi) regala entusiasmo e risultati, tanto che si torna a sognare il professionismo. Con il passare degli anni, tra vecchio e nuovo millennio, il declino della città trascina con sé anche le sorti della squadra, scivolata fino al punto più basso della sua storia, il campionato di Prima categoria, dove gioca ancor oggi.

Ma chissà che proprio da qui, soffiando sulle sue novanta candeline e guardando alla sua storia, la Pro non trovi la forza per una nuova scalata.

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