La Stella che dà voce ai paddock «Motori e velocità, il mio amore»

La Bruno da 15 anni è inviata della Rai sui circuiti di tutto il mondo: «La Formula1 è stata stravolta dopo la morte di Senna ma oggi è un ottimo prodotto. Godiamoci Spa, riconcilia con le corse»

Stella Bruno è da 15 anni l'inviata ai box della Rai. Con il telecronista Gianfranco Mazzoni, l'ex pilota Ivan Capelli, l'ingegner Giancarlo Bruno e il collega ai box Ettore Giovannelli forma da tempo la collaudata squadra al seguito dei Gran Premi.

Stella Bruno, qual è stata la sua prima corsa da inviata?

«A Montecarlo, nel 1995, per il Tg3. Ma per Raiuno ho cominciato in pianta stabile da Magny-Cours, l'anno successivo. La F1 era forse ai minimi storici, i Gran premi venivano trasmessi per metà dalla Rai e il resto da Mediaset. In pochi mesi cambiò tutto. La Ferrari prese Schumacher, l’azienda i pieni diritti e dai 3 milioni di telespettatori si andò subito in doppia cifra».

E lei seppe cavalcare quell’onda, che riportò in auge la Formula1.

«Beh, avevo fatto esperienza televisiva nel calcio, ai Mondiali di Italia ’90 e al Processo di Biscardi. Ma non sono mai stata troppo attratta dagli sport muscolari, come nuoto o atletica, ad esempio. La mia vera passione era la F1, sport che unisce la tecnologia alla competizione, esasperandone i concetti. La velocità pura è adrenalina che scorre nel sangue. La F1 è singolare e plurale al tempo stesso perché la squadra vale quanto e più del pilota. Quando si è schiusa questa opportunità professionale ho dato il massimo per non farmela sfuggire. I primi anni, soprattutto, sono stati molto duri. Bisogna conoscere ogni aspetto di uno sport di non facile comprensione e in continua evoluzione. Serve qualche anno per acclimatarsi nel paddock, dove nessuno ti risparmia niente. E in Italia alle donne è concesso di parlare di tutto, anche di calcio, ma non di motori. E' rimasto, purtroppo, l'ultimo tabù».

Ma si può arrivare ad essere amici dei piloti?

«Con la maggior parte di loro ho instaurato un legame solido. Soprattutto con i più anziani. Schumi, Barrichello, Trulli, Fisico. Gli altri, praticamente, li ho visti crescere e affermarsi. Ma non dimentico mai che prima di tutto sono una giornalista e se commettono una sciocchezza ho il dovere di bacchettarli. Sono io che cerco di mantenere le distanze. Se il giudizio nei loro confronti risultasse condizionato da aspetti emotivi ne andrebbe della nostra professionalità. Dunque massima stima sì, amicizia non so fino a che punto».

In quindici anni la F1 è migliorata o peggiorata?

«Non è né meglio e né peggio. E' stata semplicemente stravolta. Fino alla morte di Senna c'era spazio per i costruttori artigianali, i “garagisti”, come diceva Enzo Ferrari. Oggi no, ci sono solo le grandi Case. C'è poco spazio per la passione e per i sentimenti, si è puntato sullo spettacolo e la parola d'ordine è show-business. Pur sempre sul filo dei 300 all'ora e oggi la Formula1 è un prodotto assolutamente gradevole».

Scelga un aggettivo per definire sinteticamente ogni big del Mondiale 2011.

«Vettel è geniale, Webber caparbio. Hamilton ha una classe straordinaria, Button non finisce di sorprendere. Alonso è un campione, Massa indecifrabile: o velocissimo o un disastro. Il duo della McLaren però è quello meglio assortito. Schumacher è stato un fenomeno ma avrebbe fatto bene a non tornare. E pensare che se n'era andato al momento giusto...».

Quale trasferta le piace più di tutte e a quale, invece, rinuncerebbe volentieri.

«Bisogna distinguere trasferta e pista. In Belgio, con quelle Ardenne sempre così cupe e pronte a scaricare pioggia, non vado mai volentieri. Ma poi lo spettacolo della pista di Spa, la più bella del Mondiale, mi ripaga ampiamente e mi si riconcilia con le corse. Adoro invece Istanbul e la Turchia. Ma pare proprio che il prossimo anno uscirà dal calendario».

Gian Paolo Grossi

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