L’euro-Brasile ha le spalle al muro
Macché partecipare. L’importante è vincere. La Seleçao di Felipe Scolari non ha alternative. Una nazionale con le spalle al muro, costretta da tutto e tutti a conquistare il trofeo in casa propria come unico risultato possibile. Con i favori del pronostico, questo sì, ma contro la statistica che vuole l’impresa riuscita solo a cinque Paesi ospitanti su 19 edizioni.
Se la parola “tragedia” spesso è usata a sproposito nel linguaggio dello sport, basta sfogliare il vocabolario verdeoro proposto dalla Federcalcio brasiliana per capire che così non è. «Se non vinciamo sarà un’altra grande tragedia come nel 1950» ha detto il ministro dello sport Aldo Rebelo. «E peggio sarebbe se dovesse vincere l’Argentina». «Se non conquistiamo la Coppa andremo tutti all’inferno» ha rincarato la dose Josè Maria Marin, presidente della Federcalcio brasiliana e uomo in passato legato alla dittatura militare. Per evitarlo Scolari si affiderà a uno dei Brasile più europei che la storia verdeoro conosca. Solo quattro dei 23 scelti, infatti, giocano in patria. Garanzia per l’esperto ct di una maggior propensione alla disciplina tattica. Scorrendo i nomi non c’è alcun dubbio che si tratti di una della nazionali più forti del torneo. Bisognerà vedere se riuscirà a dimostrarlo. Reggendo alla pressione della popolazione brasiliana che sta protestando da mesi per le esorbitanti spese (con risultati discutibili) sostenute per organizzare l’evento. Spese che lo stesso Ronaldo (campione del mondo 1994 -2002) ha definito «vergognose», suscitando la rabbia del presidente brasiliano Dilma Rousseff.
La Seleçao da metà maggio è confinata a Granja Comary (la Coverciano brasiliana) a Tersepolis vicino a Rio per trovare la concentrazione. Sarà un «Mondiale di corsa» ha detto Scolari motivando l’escusione di Kakà e Robinho. Poi, guardando i possibili incroci ha sentenziato: «Per vincere dovremo battere tre squadre campioni del Mondo: Italia, Germania, Argentina». Neymar e compagni sono avvertiti. Il destino di un’intera nazione è sulle loro spalle. «Non c’è niente di più triste di qualcuno che soffre per il successo altrui», diceva Jorge Amado.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo








